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Violenza di genere

Da rifugiata a vittima di molestie: scappa dalla guerra e finisce nel mirino dello stalker

La drammatica storia di Alina, giovane donna ucraina scappata dal conflitto russo, che in Italia ha trovato non la salvezza, ma un tormento

Il tribunale di Treviso

Il tribunale di Treviso

Fuggire dalla guerra non sempre significa trovare pace. È il caso di Alina (nome di fantasia), una giovane donna ucraina che, lasciato il proprio paese invaso dall’esercito russo, ha cercato rifugio in Italia, ma si è trovata coinvolta in una vicenda di stalking e violenze domestiche.

La storia ha avuto inizio nel dicembre 2022, quando Alina ha intrapreso una relazione con un 33enne di Godega Sant’Urbano, un operaio che lavora nell’azienda dell’ex marito della donna. Un rapporto nato poco dopo l’arrivo della ragazza in Italia, ma ben presto caratterizzato da gelosia ossessiva e comportamenti persecutori da parte dell’uomo, che, incapace di sopportare la sua bellezza e le attenzioni ricevute, ha iniziato a maltrattarla e minacciarla con messaggi inquietanti.

«Sei una poco di buono… con tutto quello che ho fatto per te… ti ho dato l’anima… ma adesso ti do fuoco» sono solo alcune delle minacce inviate dalla vittima al cellulare, raccontano le accuse. Dopo mesi di sofferenza e maltrattamenti, Alina ha deciso di interrompere la relazione a dicembre 2024, dando così inizio a un vero e proprio incubo: l’uomo ha cominciato a pedinarla, a stazionare davanti alla sua abitazione – dove vivono anche i suoi figli – e a violare ripetutamente il divieto di avvicinamento emesso dal tribunale.

Dopo la denuncia, la Procura di Treviso ha disposto il braccialetto elettronico per lo stalker, ma quella stessa sera l’uomo ha tentato di entrare nell’appartamento della donna, tentando di forzare una vetrata. Di conseguenza, la misura cautelare è stata inasprita e sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Il 33enne è comparso davanti al giudice per l’udienza preliminare del 28 maggio, con l’accusa di atti persecutori, violazione di domicilio e del provvedimento restrittivo. Il suo avvocato, Paolo Pastre, aveva tentato la strada della giustizia riparativa, ma la richiesta è stata respinta. Ora l’imputato potrebbe optare per il risarcimento della vittima e la partecipazione a corsi di riabilitazione per autori di reati di genere, sperando in attenuanti generiche.

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