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Cronaca
16.06.2025 - 16:40
Foto di repertorio
Una storia di attese, sacrifici e speranze rischia di trasformarsi in tragedia: Shinvari Aftab Ahmad, cittadino italiano residente a Padova, si trova bloccato a Teheran con la sua famiglia in mezzo all’escalation del conflitto tra Iran e Israele. La CGIL di Padova lancia un grido d’allarme e chiede un intervento immediato delle istituzioni italiane per garantire il rientro in sicurezza.
Aftab, da anni perfettamente integrato in Italia, era partito per l’Iran con l’intenzione di ricongiungersi finalmente con la moglie e i suoi cinque figli – tutti cittadini afghani, alcuni dei quali in grave stato di salute. Dopo oltre dieci anni di pratiche e rinunce, sembrava tutto pronto: i documenti erano stati depositati all’Ambasciata italiana a Teheran, ma la crisi improvvisa ha bloccato tutto.
“La situazione è drammatica”, spiegano Alioune Badara Diop, segretario confederale della CGIL Padova, ed Eleonora Tolo dell’Ufficio Immigrazione dell’Inca CGIL. “I passaporti dei familiari di Aftab sono ancora in mano all’Ambasciata, i visti non sono stati rilasciati, e nel frattempo le strutture diplomatiche stanno chiudendo per motivi di sicurezza. Nonostante questo, il Governo italiano non ha ancora attivato alcun piano di evacuazione per i nostri connazionali in Iran”.
Tra i figli di Aftab, il piccolo Haroon soffre di una grave malattia renale, per la quale necessita di cure urgenti non disponibili nel paese. Una situazione che rende ancora più pressante la richiesta di aiuto. “Aftab ha investito tempo, denaro e speranze per portare qui la sua famiglia – proseguono i due esponenti sindacali – e ora si trova ostaggio di una crisi diplomatica, senza alcuna colpa”.
La CGIL Padova rivolge quindi un appello alle massime autorità italiane: al Ministero degli Affari Esteri, all’Ambasciata italiana a Teheran e direttamente al Governo, affinché si attivino con urgenza per sbloccare la situazione. “È inaccettabile che cittadini italiani vengano lasciati senza protezione in un contesto di guerra. Serve subito il rilascio dei visti e un corridoio sicuro per il rimpatrio”, ribadiscono Diop e Tolo.
“Non è solo una questione burocratica – concludono – ma di dignità, sicurezza e diritti umani. Non possiamo permettere che Aftab e i suoi figli, già segnati da anni di attese, vengano dimenticati in una delle aree più instabili del pianeta. Devono tornare a casa. Subito”.
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