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Cronaca
20.06.2025 - 11:33
Foto di repertorio
Un fraintendimento ha generato confusione intorno all’arresto di Arianna Orazi, 53 anni, condannata all’ergastolo per il coinvolgimento nell’omicidio della madre nel 2020. Arrestata dai carabinieri a Piove di Sacco, nel Padovano, la donna non stava in realtà fuggendo, ma aveva tentato di costituirsi volontariamente al carcere milanese di Bollate, come spiega il suo legale Olindo Dionisi.
Dopo la sentenza definitiva della Cassazione e l’emissione dell’ordine di carcerazione, i carabinieri si erano recati a casa di Orazi per eseguire il provvedimento. Non trovandola, era scattata la caccia alla donna ritenuta latitante, finché è stata individuata e arrestata nel territorio padovano, per poi essere trasferita nel carcere di Venezia.
Come riportato da Ansa, il difensore ha precisato che la sera prima dell’arresto la sua assistita si era recata spontaneamente nel carcere di Bollate, ma senza riuscire a essere trattenuta. “L’ordine di carcerazione non era ancora registrato nel sistema e quindi il personale penitenziario ha potuto solo registrare i suoi documenti senza procedere all’arresto,” spiega Dionisi.
Orazi, dunque, aveva fatto ritorno nel Padovano, dove disponeva di un appoggio, in attesa che la situazione si chiarisse. L’avvocato ha provveduto a sollecitare l’emissione formale del mandato d’arresto e aveva indicato alla donna di recarsi presso una caserma vicina a Bollate per essere accompagnata in carcere, ma l’arresto a Piove di Sacco ha anticipato questa mossa.
“Non stava cercando di sottrarsi alla giustizia — sottolinea il legale — sarebbe potuta scappare prima, visto che è libera dal dicembre 2022. Si è trattato di un equivoco che ora è stato chiarito. Costituirsi in un carcere non è certo un reato".
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