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Aggredita e perseguitata per 18 giorni: la denuncia di una commerciante esasperata

Una donna sola contro lo stalking, la burocrazia e una legge che non tutela abbastanza

Aggredita e perseguitata per 18 giorni: la denuncia di una commerciante esasperata

Foto di repertorio

Tutto è iniziato lo scorso 31 maggio, quando un uomo di 35 anni, senza fissa dimora, ha tentato di aggredire fisicamente una commerciante locale. «Sono riuscita a chiudermi dentro il negozio, altrimenti mi avrebbe ammazzata», racconta la donna con voce ancora tremante. Ma da quel momento è cominciato un vero e proprio incubo: per 18 giorni, quell’uomo l’ha perseguitata con continui appostamenti e minacce, arrivando anche a distruggere la merce esposta all’esterno.

L’uomo si presentava anche sette-otto volte al giorno davanti al negozio, trasformando la vita della commerciante in un calvario quotidiano. La donna ha dovuto sporgere due denunce: una per violenza, l’altra per stalking con richiesta di allontanamento.

Eppure, nonostante gli sforzi della Questura e del sindaco, il persecutore è rimasto a piede libero a causa di un cavillo burocratico, non potendo essere immediatamente trasferito al Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR). Un paradosso che ha lasciato la donna “disarmata”.

«Il questore mi ha assicurato sostegno e pattugliamenti continui», spiega la commerciante, «ma io non ce la faccio più a vivere così, ho passato venti giorni infernali e pensavo che tutto fosse finito, invece lui si presenta ancora davanti al mio negozio anche quando è chiuso. I miei colleghi mi mandano foto di lui che passeggia indisturbato. È una situazione insostenibile.»

La donna vuole mandare un messaggio chiaro: «Non possiamo continuare a subire, servono leggi più efficaci e certe, perché oggi la legge non tutela noi cittadini e lascia spazio a chi crea terrore. Non possiamo permettere che persone pericolose aggirino le norme e tornino a tormentare le vittime.»

A sette giorni dalla promessa di un nuovo trasferimento al CPR, la situazione resta incerta. «La burocrazia è folle e tutela più gli aggressori che le vittime», denuncia. «Io sono sola, gestisco la mia attività da anni, ma non voglio chiudere per paura. Voglio combattere, voglio che si capisca che non dobbiamo più accettare queste violenze.»

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