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Cronaca
24.10.2025 - 08:09
Foto di repertorio
Una rete estesa, ramificata in tutto il Nord Italia, capace di far passare per autentico “Made in Italy” un fiume di prodotti di origine asiatica: caschi, accessori per moto e auto, dispositivi elettronici e articoli per la sicurezza stradale. È quanto emerso dall’operazione “Non ci casco”, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Torino sotto il coordinamento della Procura della Repubblica torinese.
L’indagine, avviata per contrastare le frodi nel commercio di accessori automobilistici e motociclistici, ha portato al sequestro di oltre 5,5 milioni di articoli, per un valore complessivo stimato di oltre 90 milioni di euro. Tra questi, 144 mila caschi per moto e bici riportavano marchi, colori e simboli riconducibili all’italianità, ma in realtà provenivano da Cina e Vietnam.
Le Fiamme Gialle hanno individuato una fitta rete di siti di stoccaggio dislocati tra Milano, Mantova, Verona, Vicenza, Bologna e Modena, dove la merce veniva confezionata con imballaggi ingannevoli, riportanti la bandiera tricolore e slogan evocativi del made in Italy. Successivamente i prodotti venivano immessi sul mercato nazionale ed estero come se fossero di produzione italiana, senza alcuna trasformazione sostanziale.
Particolarmente allarmante il risultato delle perizie tecniche disposte su una parte dei caschi sequestrati: circa 10 mila per moto e 5 mila per bici sono risultati non conformi alle norme di sicurezza, privi dei requisiti minimi di omologazione e dunque potenzialmente pericolosi per l’incolumità degli utenti.
Quattro imprese sono finite sotto indagine: i rispettivi rappresentanti legali sono stati deferiti all’Autorità giudiziaria con l’ipotesi di reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, oltre che per frode in commercio e importazione di merci pericolose.
L’attività investigativa, basata su un accurato lavoro di analisi documentale e tracciamento dei flussi commerciali, ha consentito di ricostruire l’intera filiera dell’importazione e distribuzione. L’obiettivo, spiega la Guardia di Finanza, non è solo quello di colpire i responsabili, ma anche di favorire una “legalizzazione” delle pratiche di confezionamento dei prodotti esteri, garantendo al consumatore trasparenza e tutela del vero made in Italy.
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