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Lenze Italia: definitiva chiusura dello stabilimento di Isola Rizza (VR). Dura condanna dalla FIOM CGIL.

Dopo il confronto sindacale, la multinazionale tedesca leader nella meccatronica ha optato la delocalizzazione e la cessazione completa dell'attività sul territorio veronese. Per FIOM CGIL Verona è "una chiusura inaccettabile che ignora le soluzioni proposte".

Lenze Italia: definitiva chiusura dello stabilimento di Isola Rizza (VR). Dura condanna dall FIOM CGIL.

Un presidio sindacale davanti alla sede Lenze di Isola Rizza (VR)

Lenze Italia chiude a Isola Rizza: un duro colpo al tessuto produttivo veronese

Arriva un duro colpo per il tessuto produttivo della provincia scaligera: la decisione definitiva di chiudere lo stabilimento di Lenze Italia a Isola Rizza (VR) scuote non solo i 100+ dipendenti del sito, ma minaccia l’intera filiera della meccatronica veronese. La chiusura viene letta dai sindacati – in primis la FIOM CGIL di Verona – come scelta aziendale a senso unico, che ignora le soluzioni concrete messe sul tavolo e scarica sui lavoratori e sul territorio il prezzo di scelte dettate esclusivamente da logiche di profitto.

La decisione della direzione di Lenze Italia di dare l’addio allo stabilimento di Isola Rizza è stata accolta con “ferma condanna e profondo rammarico” dalla FIOM CGIL di Verona. Anni di esperienza, competenza e professionalità vengono messi da parte senza che l’azienda prenda in considerazione le proposte sindacali avanzate per tutelare occupazione e know‑how locali. «Non si tratta solo di un impianto che chiude» dichiarano dalla FIOM in un comunicato ufficiale «ma di una ferita aperta nel cuore dell’industria metalmeccanica veronese».

Durante il confronto sindacale, la RSU e la FIOM avevano presentato un piano articolato per rilanciare l’attività del sito — o diversificarla verso nuovi insediamenti produttivi o logistico‑tecnologici ad alta specializzazione — valorizzando le competenze accumulate nel tempo. L’azienda, tuttavia, ha rigettato queste ipotesi o le ha ignorate, preferendo la scelta netta: delocalizzazione o cessazione dell’attività. È una decisione che, secondo i sindacati, «spazza via anni di lavoro e professionalità, scaricando sui lavoratori e sul territorio il peso di scelte aziendali miopi e dettate da logiche puramente finanziarie».

La FIOM‑CGIL di Verona ha quindi lanciato un chiaro messaggio: «Non accetteremo passivamente questa chiusura». L’organizzazione chiede l’immediata convocazione di un tavolo di crisi istituzionale, coinvolgendo la Regione Veneto e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, affinché Lenze si assuma le proprie responsabilità fino in fondo. Tra le richieste: la tutela di ciascun posto di lavoro, l’attivazione di ammortizzatori adeguati, e un percorso di ricollocazione o riqualificazione professionale finanziato interamente dal Gruppo Lenze. Viene proclamato lo “stato di agitazione permanente” e non viene esclusa alcuna forma di lotta.

Caso Lenze: spia della crisi del metalmeccanico nel Veronese

Questo caso non è un’eccezione isolata. La provincia di Verona, a lungo considerata un polo industriale solido del Nord‑Est, affronta una vera ondata di difficoltà nel comparto metalmeccanico. La FIOM locale parla di una crisi industriale allarmante.

Tra le realtà che hanno chiuso o stanno chiudendo stabilimenti nel Veronese nell’ultimo anno si citano:

  • Borromini (Colognola ai Colli): annunciata la chiusura completa dello stabilimento con perdita di tutti i posti di lavoro.
  • George Fisher (Valeggio sul Mincio): situazione gravissima con licenziamenti e chiusura annunciata.
  • Breviagri (ex Breviglieri, Nogara): avvio di licenziamenti collettivi per quasi la metà della forza lavoro.

Già a febbraio si erano tenuti scioperi di otto ore in molte aziende metalmeccaniche veronesi, con presidi davanti a fabbriche in crisi o in fase di dismissione. Incrociando i dati e la frequenza di chiusure e ridimensionamenti, più soggetti ed esperti parlano per Verona di crisi del metalmeccanico come dato di fatto.

Questo quadro conferma che il caso Lenze Italia non è un’eccezione ma si inserisce in una tendenza più ampia di declino e ripensamento del modello produttivo locale: specializzazione, indotto e competenze rischiano di essere abbandonati senza strategie credibili. La richiesta sindacale non è solo salvare un sito, ma rilanciare una visione industriale che metta al centro investimenti, competenze e stabilità occupazionale.

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