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Cronaca
16.11.2025 - 11:19
Matteo Vendramin
Un’assenza diventata un vuoto nella quotidianità di un’intera comunità. A quaranta giorni dalla scomparsa di Matteo Vendramin, 31 anni, la voce dei familiari si è fatta strada in una conferenza stampa congiunta dei Comuni di Conegliano e San Pietro di Feletto: un invito rispettoso ma fermo a riaprire le ricerche, sostenuto dagli amici e dall’associazione “Penelope”. Una richiesta che non nasce da clamore, ma da una speranza lucida e tenace: riportare a casa un figlio, un amico, un collega di cui si sono perse le tracce la mattina del 7 ottobre.
Sabato, Conegliano e San Pietro di Feletto hanno messo a disposizione la loro voce e la loro sede per amplificare l’appello della famiglia di Matteo. Insieme agli amici e all’associazione “Penelope”, punto di riferimento nazionale per le persone scomparse e i loro cari, è stata chiesta la riapertura delle ricerche. Non una polemica, ma la volontà di riattivare un dispositivo che, in casi come questo, può fare la differenza mantenendo alta l’attenzione e offrendo nuove opportunità investigative.
Matteo Vendramin vive a Campolongo, nel cuore della Marca trevigiana. Laureato in Scienze e tecnologie alimentari all’Università di Udine, ha conseguito un master a Parma specializzandosi nell’industria del caffè. Tornato nel territorio, ha trovato impiego in una torrefazione del Coneglianese, mettendo a frutto un percorso di studio preciso e appassionato. La famiglia ha spiegato che la scomparsa potrebbe essere legata a uno stato d’ansia molto forte. Un carico emotivo che si sarebbe acuito due anni e mezzo fa, quando la morte del padre lo aveva segnato profondamente. Sono elementi che non spiegano tutto, ma che aiutano a contestualizzare una fragilità recente e concreta.
Il 7 ottobre Matteo aveva chiesto un permesso dal lavoro per sottoporsi a un approfondimento medico: un’ecografia a schiena e addome. All’appuntamento, però, non si è mai presentato. Da quel momento, di lui non si hanno più notizie. Un dettaglio, quello della visita medica, che resta centrale: è l’ultimo evento documentato prima della scomparsa e potrebbe rappresentare un punto di ripartenza informativo.
Nella prima settimana, oltre 500 persone si sono mobilitate sul territorio per cercare Matteo. Un’onda solidale imponente, specchio di un legame comunitario autentico. Nonostante lo sforzo, le ricerche non hanno dato esito e sono state poi formalmente interrotte. Oggi, la famiglia non si arrende e chiede di riattivare le operazioni, confidando che nuovi occhi, nuove segnalazioni o semplicemente il passare del tempo possano aprire spiragli sinora mancati.
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