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Cronaca
30.11.2025 - 13:40
Foto di repertorio
Un incontro casuale lungo l’argine del Bacchiglione, una confessione sussurrata e un’indagine che ha scosso una comunità. A Selvazzano (Padova), la giustizia ha messo un punto — almeno sul piano penale — a una vicenda che, fin dal 2017, ha colpito l’opinione pubblica per la sua crudezza: l’uccisione a badilate di nove cuccioli di pastore maremmano. Il pastore Paolo Denis è stato condannato a sei mesi di reclusione e a 5mila euro di multa, con pena sospesa. Una sentenza che riaccende il dibattito su tutela animale e responsabilità, tra prove tecniche, testimonianze dirette e una linea difensiva rimasta sulle sabbie mobili del dubbio.
La decisione è stata pronunciata dal giudice Sara Ballarin. La Procura aveva chiesto sette mesi di reclusione; il dispositivo ha fissato la pena a sei mesi e 5mila euro di ammenda, con sospensione condizionale. L’imputato, Paolo Denis, si è sempre proclamato innocente, sostenendo di non essere presente al momento dei fatti e indicando la responsabilità in un altro pastore, di nazionalità romena.
L’episodio risale all’11 aprile 2017. Una donna e sua figlia, in bicicletta lungo il lato sinistro dell’argine del fiume Bacchiglione, si fermano per osservare un gregge. Con le pecore, una femmina di maremmano abruzzese, affaticata dopo il parto. Il pastore si avvicina e riferisce alle due di avere ucciso “la notte prima” nove cuccioli. Sconvolte, madre e figlia rientrano e la famiglia presenta denuncia alla Polizia municipale di Padova Ovest.
L’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Benedetto Roberti, porta agli argini di Tencarola. In udienza del 21 novembre, il veterinario dell’Ulss 6, Stefano Cremasco, ha riferito di avere dissotterrato nove cuccioli: quattro erano ancora vivi, e risultavano sotterrati da circa due giorni. Le lesioni riscontrate sui corpicini erano compatibili con colpi di badile.
Denis ha ribadito di trovarsi a Rabbi (provincia di Trento), dove risiede, dalle 15 del sabato fino all’intera domenica — il giorno in cui i cuccioli sarebbero stati uccisi —, esibendo tale alibi come prova della propria estraneità. Una versione non ritenuta credibile dall’accusa, anche perché, secondo gli atti, l’uomo sarebbe stato in grado di indicare con precisione il punto in cui i cuccioli erano stati sepolti senza ricorrere all’aiuto del suo sottoposto. Sui social, Denis utilizza il nome “Billi” e un profilo dedicato alla transumanza: un dettaglio emerso in atti, ma che non ha modificato l’impianto accusatorio.
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