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Giustizia e indagini

I familiari di Moussa Diarra contestano la chiusura del caso: “Vita sacrificata eseguendo un Tso con pistola”

Gli avvocati dei parenti del migrante maliano morto alla stazione scaligera lo scorso ottobre chiedono al giudice ulteriori accertamenti o un’imputazione obbligatoria per omicidio colposo

Caso Moussa Diarra

Foto della vittima, Moussa Diarra

Prosegue la battaglia legale per chiarire la morte di Moussa Diarra, il migrante maliano ucciso il 20 ottobre 2024 da un agente della Polfer alla stazione di Verona. Oggi gli avvocati Paola Malavolta, Francesca Campostrini, Fabio Anselmo e Silvia Galeone, che assistono i familiari, hanno formalmente contestato la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura scaligera.

I legali chiedono al giudice per le indagini preliminari di disporre ulteriori accertamenti e di acquisire nuovi elementi utili a ricostruire l’accaduto, oppure di obbligare il pubblico ministero a formulare un’imputazione per omicidio colposo ed eccesso colposo.

“Nell’atto di opposizione – sottolineano i difensori – il comportamento gravemente negligente e imprudente dell’agente ha generato una situazione di pericolo tale da sacrificare la vita di Moussa Diarra, eseguendo un Tso di fatto con una pistola. Per questo motivo non si può parlare di legittima difesa”.

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