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Recupero di beni culturali

I Carabinieri recuperano dieci reperti archeologici clandestini: gli oggetti sono stati consegnati ai musei veneti

I manufatti, di età stimata tra l’VIII e il VI secolo a.C., erano emersi durante un controllo in una casa privata nel Veneziano: dopo le verifiche, sono stati destinati al Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine

Uno dei reperti recuperati

Uno dei reperti recuperati

Nella prima settimana di dicembre 2025 il Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Venezia ha consegnato alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Venezia dieci reperti archeologici di grande valore storico. I beni entreranno a far parte delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine, struttura della Direzione regionale Musei nazionali Veneto.

Tra gli oggetti spicca un’olpe etrusco-corinzia dei primi anni del VI secolo a.C., molto simile a un esemplare conservato al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Il vaso presenta una decorazione ricca di colori – fasce parallele brune, rosse e bianche sul collo – e, sul corpo, due fasce sovrapposte con figure di animali reali e fantastici, intervallate da piccole rosette graffite. La parte inferiore è ornata da una caratteristica “catena di denti di lupo”.

I reperti, soprattutto ceramiche d’uso quotidiano o da mensa, provengono dall’area etrusco-laziale del versante tirrenico, con qualche oggetto importato da altre zone del Mediterraneo, testimonianza di antichi scambi e di contesti sociali di prestigio. La datazione si colloca tra l’Età Orientalizzante e quella Tardo Arcaica, quindi tra l’VIII e il VI secolo a.C.

L’attività che ha portato al recupero è iniziata nell’ottobre 2024 durante un’ispezione in una casa privata, effettuata dalla Soprintendenza ABAP di Venezia nell’ambito di un asse ereditario, operazione alla quale i Carabinieri TPC hanno partecipato come di consueto. Dopo le verifiche, i reperti sono stati sequestrati perché mancava un titolo di proprietà valido. Il proprietario dell’immobile ha fornito un contributo utile all’inchiesta, a cominciare dalla denuncia del ritrovamento prevista dalla normativa sui beni culturali.

Gli accertamenti hanno permesso di ricostruire parte del percorso degli oggetti: provenivano da scavi clandestini nell’Italia centrale, erano poi circolati nell’area ceretana ed etrusco-laziale, fino a giungere ai più recenti detentori, in buona fede ma privi dei documenti necessari. Le norme vigenti, infatti, considerano i reperti archeologici scoperti nel territorio nazionale come appartenenti allo Stato, salvo casi specifici e documentati.

Nel corso dell’indagine i Carabinieri TPC si sono avvalsi del supporto tecnico della Soprintendenza ABAP e della collaborazione della Compagnia Carabinieri di Venezia-Mestre. A maggio 2025 la Procura di Venezia ha disposto il dissequestro e la restituzione dei beni alla Soprintendenza. Successivamente, su indicazione della Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio del Ministero della Cultura, la collezione è stata assegnata al museo di Fratta Polesine per valorizzarla e renderla accessibile al pubblico.

Il recupero di reperti appartenenti al patrimonio culturale rimane una delle principali linee d’azione del Nucleo TPC di Venezia, che opera con controlli costanti nei negozi specializzati e grazie alle segnalazioni di studiosi e appassionati, in coordinamento con gli uffici del Ministero della Cultura e con le Soprintendenze di Bolzano e Trento. Restituire beni di tale importanza alla collettività significa riportare alla luce frammenti di storia che raccontano l’identità dei territori e delle comunità.

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