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Focus povertà. TREVISO 2/2

Treviso. Casa della Carità, dove in centinaia chiedono aiuto

Caritas Tarvisina. La struttura di via Venier con i suoi servizi è gestita dai volontari

Treviso. Casa della Carità, dove in centinaia chiedono aiuto

Non ci sono solo le notti fredde dei mesi invernali. Chi è povero lo è tutto l’anno, costretto a vivere non solamente senza un tetto sotto cui dormire, mangiare, lavarsi, avere la propria privacy, ma dovendo affrontare il più delle volte anche la solitudine e l’emarginazione. A Treviso per chi è in difficoltà la mano più solida è quella tesa dalla Caritas Tarvisina, che ha creato la Casa della Carità, dove ogni giorno operatori e volontari accolgono chi è senza fissa dimora o si trova in una situazione di grave marginalità. La struttura di via Venier è la sede del centro di ascolto della diocesi, del servizio di accoglienza notturna, del servizio doccia e lavanderia, oltre che della mensa serale. È qui che centinaia di uomini e donne arrivano a chiedere aiuto. Un riparo per la notte, un pasto caldo, una parola, un sorriso. Sono persone con storie personali e bisogni molto diversi. Dai senza fissa dimora ai migranti, richiedenti asilo o già con un permesso di soggiorno, quindi esclusi dai grandi centri di accoglienza e quindi chiamati a inserirsi autonomamente nel tessuto economico e sociale del territorio. Il che non è una cosa semplice.

La struttura – che fino al 2007 era un orfanatrofio gestito dai padri somaschi – è considerata fino dall’inizio della sua storia “l’anima della carità” a Treviso. I locali sono stati riqualificati a partire dal 2012, ma nel frattempo erano già stati avviati sia il centro di ascolto che il servizio docce, seguito nel 2015 da quello di lavanderia: entrambi i servizi di pulizia sono aperti tre pomeriggi a settimana, per quello che la Caritas considera il primo vero gesto concreto da offrire a tutela della dignità delle persone, oltre che della loro intimità. Nel 2014 è stata aperta l’accoglienza notturna, per dare una risposta gratuita a chi non ha un posto dove dormire ma allo stesso tempo con l’obiettivo di superare l’idea del classico dormitorio e, come spiega la Caritas Tarvisina, “promuovendo la dimensione di casa che protegge e ascolta”. I posti letto sono su camere singole, dove gli ospiti prendono posto dopo la cena e al mattino vengono accolti dalla colazione preparata dai volontari. Nel 2016 è stata inaugurata la mensa serale, aperta tutto l’anno e organizzata su turni di volontariato.

L’ultimo bilancio sociale della Casa della Carità – che si intitola “Mosaico di vita” – racconta che nel 2023 tutti gli accessi ai singoli servizi sono aumentati. A partire dalle docce: 4.168 in un anno. Già nel 2022 erano tornate a pieno regime (oltre 2.700) dopo il periodo pandemico, ma nell’arco di un anno hanno avuto una crescita esponenziale nella richiesta. Anche per la mensa serale i numeri evidenziano un incremento considerevole della domanda, passando da circa 15mila cene alle 18.662 del 2023. Dati in crescita che la Caritas Tarvisina riconduce alla presenza di una quota di richiedenti asilo in transito – perlopiù pakistani e indiani – che accedono ai servizi offerti dai volontari mentre attendono la formalizzazione della richiesta di protezione internazionale, grazie alla quale è poi possibile entrare in una struttura di accoglienza e cercare un lavoro.

Per quanto riguarda l’accoglienza notturna e il servizio di lavanderia il trend è abbastanza costante: nel 2023 sono state accolte persone per un totale di 6.408 notti (227 notti nelle camere femminili e 6.181 in quelle maschili) e sono stati effettuati in totale 605 lavaggi.

“Sta fortemente cambiando la tipologia di ospiti che accogliamo nella Casa della Carità. Se una volta – spiega la Caritas nel proprio bilancio – si presentavano per la maggior parte persone in situazioni di forte disagio sociale, lavorativo e abitativo, che avevano in quel momento bisogno di un luogo sicuro dove poter sostare per comprendere e migliorare la loro condizione con il nostro supporto, oggi la maggior parte degli accolti sono persone che rischiano di perdere fiducia nel futuro e che passano da un luogo a un altro per poter continuare a sopravvivere”.

Segnali questi che sono più evidenti fra gli uomini. Mentre le donne che chiedono accoglienza lo fanno per ragioni prevalentemente di urgenza e in attesa di riprogrammare il proprio futuro, gli uomini che bussano alla Casa della Carità o erano già stati precedentemente accolti oppure sono persone che lavorano ma faticano a trovare una sistemazione stabile e duratura.

Sara Salin

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