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Scompare il "salario minimo": rischio povertà per il 28,8% dei ragazzi sotto i 16 anni, sono soprattutto nel Sud e nelle Isole

Tra gli effetti dell'introduzione del salario minimo, secondo l'ex presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, "Ci sarebbe un aumento dell'offerta di lavoro, con minore difficoltà per le imprese a trovare dipendenti, una crescita dell'occupazione femminile e un aumento della natalità"

Non si trova più la dicitura "salario minimo" nei testi legislativi, nella manovra economica e nel dibattito politico. Scompare anche il tetto dei 9 euro/h, indicata nei mesi scorsi come la soglia, al di sotto della quale, nonostante un lavoro e una retribuzione il rischio di scivolare verso la povertà diventa reale. Anche la contrattazione collettiva con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative viene superata. La legge delega prevede che entro giugno 2024 sia esteso il trattamento economico complessivo minimo del contratto più applicato a tutti i lavoratori che nella stessa categoria, o in quella più affine, non siano coperti dalla contrattazione collettiva. Si procederà pertanto ad individuare i contratti collettivi più applicati, ma in questo modo – denunciano le opposizioni – si dà via libera anche ai contratti pirata, poiché i contratti presi come pietra miliare sono anche quelli firmati da sigle che hanno un’ampia diffusione tra le categorie, anche se sono meno rappresentative. Negli stessi giorni del dibattito parlamentare, l'ISTAT ha pubblicato uno studio sulle condizioni di vita dei minori. Secondo la nota diffusa dall'Istituto di statistica, nel 2022, il rischio di povertà o esclusione sociale colpisce il 28,8% dei bambini e ragazzi di età inferiore a 16 anni, a fronte del 24,4% del totale della popolazione. I minori sono più svantaggiati quando risiedono nel Sud e nelle Isole (46,6%), rispetto al Centro (21,4%) e al Nord (18,3%). Sono da segnalare importanti differenze per i minori di 16 anni in termini di rischio di povertà o esclusione sociale tra le famiglie monogenitore (39,1%) e le coppie con figli minori (27,2%). In particolare, l’indicatore raggiunge il 41,3% quando in famiglia è presente solamente la madre, mentre è pari al 27,6% per le famiglie monogenitore uomo. I minori di cittadinanza straniera mostrano un rischio di povertà o esclusione sociale pari a 41,5%, valore superiore di quasi 15 punti percentuali rispetto al dato dei coetanei di cittadinanza italiana (26,9%). Questa differenza raggiunge il suo massimo nel Mezzogiorno, dove il rischio di povertà o esclusione sociale è pari rispettivamente a 89,2% e 45,4%. Le famiglie che si trovano nella prima fase del ciclo di vita, quella in cui sono presenti figli minori, si trovano più spesso a vivere in abitazioni di proprietà gravate da un mutuo (26,3%), con una quota pari a più del doppio di quella misurata sul totale delle famiglie (12,1%). La situazione si inverte nel caso di abitazioni di proprietà senza mutuo (39,3% delle famiglie in cui è presente almeno un minore, a fronte del 59,4%). Le famiglie con almeno un minore vivono più spesso anche in abitazioni in affitto (23,8% contro il 19,6% del totale delle famiglie). Mentre sono in costante aumento le famiglie monogenitore donna, con almeno un minore di 16 anni che vivono in abitazioni in usufrutto o in uso gratuito, solitamente di proprietà di un familiare. Tra gli effetti dell'introduzione del salario minimo, secondo l'ex presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, "Ci sarebbe un aumento dell'offerta di lavoro, con minore difficoltà per le imprese a trovare dipendenti nei settori della ristorazione, del turismo e del tempo libero, una crescita dell'occupazione femminile e un aumento della natalità. Ne conseguirebbero una riduzione della disuguaglianza misurata dall'indice di Gini dell'1,5% e un calo della povertà relativa del 2%. L'impatto sulle entrate dello Stato vedrebbe un aumento del gettito di 1,5 miliardi tra maggiore Irpef incassate e minori uscite per sussidi" (Avvenire). Giulia Sciarrotta
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