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Libano, Israele spara sull'Unifil, colpite anche basi italiane

Feriti due caschi blu indonesiani. Protestano Roma e gli alleati. Idf: ucciso in Cisgiordania il comandante in capo della Jihad islamica palestinese

Libano, Israele spara sull'Unifil, colpite anche basi italiane

Il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha fermamente condannato gli attacchi rivolti contro le missioni di pace delle Nazioni Unite. Tale dichiarazione avviene in seguito alla denuncia dei peacekeeper dell'Unifil, che hanno segnalato come le forze armate israeliane abbiano aperto il fuoco sulla loro sede nel sud del Libano.

«Un attacco diretto a una missione di pace delle Nazioni Unite rappresenta un atto di irresponsabilità e non può essere tollerato», ha dichiarato Michel durante il vertice dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) tenutosi in Laos. Ha poi aggiunto: «Per questo motivo, facciamo appello a Israele e a tutte le parti coinvolte affinché rispettino appieno il diritto umanitario internazionale». 

L'allerta era elevata già da diversi giorni, anche prima che, il 29 settembre, Israele decidesse di condurre le sue truppe in Libano. Ai militari dell'Unifil, schierati lungo la Linea Blu al confine, era stato dato ordine di restare al sicuro all'interno delle basi e continuare a presidiare le proprie postazioni, malgrado i ripetuti avvisi delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che suggerivano uno spostamento per agevolare le operazioni contro Hezbollah. Persino i leader del "Partito di Dio" avevano istruito i loro militanti a non mettere in pericolo i caschi blu. Il pericolo, tuttavia, è giunto dall'esercito israeliano che ha "deliberatamente" colpito le forze di pace delle Nazioni Unite. In particolare, presso il quartier generale dell'Unifil a Naqura, dove sono stati feriti due militari indonesiani, e presso le due basi italiane identificate come 1-31 e 1-32A. L’Italia, che con circa 1.200 soldati costituisce il contingente più numeroso dell'Unifil, ha reagito prontamente.

"Inammissibile", ha commentato la premier Giorgia Meloni. La stessa Meloni ha mantenuto contatti con Guido Crosetto, il quale ha convocato l’ambasciatore designato di Israele, Jonathan Peled, per manifestare l'indignazione e la protesta del governo italiano e di tutto il Paese. Crosetto ha inoltre sottolineato che "né l'Onu né l'Italia prendono ordini da Israele", che ha continuato a sollecitare i caschi blu a ritirarsi. Secondo quanto dichiarato dal portavoce dell'Unifil, Andrea Tenenti, in mattinata un carro armato Merkava dell’IDF "ha fatto fuoco su una torre di osservazione nei pressi del quartier generale di Naqura", colpendola e provocando la caduta dei due caschi blu, che sono rimasti feriti. "Le ferite, questa volta fortunatamente, non sono gravi, ma i militari restano ricoverati in ospedale", ha aggiunto Tenenti. L’esercito israeliano ha successivamente colpito la postazione Unp 1-31, dopo un sopralluogo aereo mediante drone, colpendo l’ingresso del bunker dove i caschi blu italiani si erano rifugiati, come confermato anche da fonti dell'intelligence militare libanese all'ANSA. Anche dopo l'attacco, l'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon, ha "raccomandato" ai peacekeeper di "ritirarsi di 5 km a nord per evitare i pericoli, vista l'intensificarsi dei combattimenti e la situazione instabile lungo la Linea Blu a causa dell'aggressione di Hezbollah". Tuttavia, questo invito, nonostante il tentativo di orientare la colpa sui miliziani libanesi, appare più come una minaccia alla luce degli eventi accaduti. E ancora una volta, tale richiesta è stata rifiutata dall'Unifil.

Il contingente si mostra risoluto nel suo intento di resistere, come testimoniano le parole delle fonti militari italiane: "In questo momento l'unica cosa che possiamo fare è proteggerci. Restiamo nelle nostre basi a fare il nostro dovere, nel perimetro della nostra sicurezza, fin quando ci sarà consentito dall'Onu e dalla Difesa". A tale riguardo, sono giunte anche ferme condanne dalla comunità europea e dagli altri stati che supportano l'Unifil, quali la Spagna—nelle postazioni attaccate erano presenti anche 49 militari spagnoli—e la Francia, entrambe le quali rammentano ad Israele "il dovere di proteggere i caschi blu".

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