Don Luca Favarin, il prete dell’accoglienza, in un post sui social, annuncia l’intenzione di “farsi da parte” continuando la sua opera sociale non più come prete
Tutto sarebbe causato dalle attività di accoglienza che porta avanti quotidianamente che non trova sostegno dalla Diocesi. Dure e chiare le parole di don Luca Favarin, il prete che fa dell'accoglienza la sua missione. Ordinato sacerdote nel 1998, dopo una Laurea in Filosofia e Teologia e questa estate in Scienza della Formazione, Favarin sta sta valutando di lasciare la Diocesi e continuare la sua attività da laico.
Lo sfogo
" Il coraggio di togliere il disturbo? Eccolo. Io mi sono davvero stancato – scrive sulla sua padina Facebook - Dopo 20 anni in cui accogliamo disgraziati di giorno e di notte, ragazzetti che arrivano nelle nostre case con la pancia piena di ovuli di droga o con la faccia dilaniata dalle risse di strada io non voglio giocare all’eroe di turno o al profetuncolo emarginato dall’istituzione ecclesiastica"
L'accusa
"Mi si dice “quello che fai crea disagio alla diocesi” - racconta don Favarin - .No cara istituzione ecclesiastica. Quello che facciamo è creare inclusione, solidarietà, accoglienza, umanità, e anche qualità e cultura. Lo chiamate disagio? È considerato incompatibile? Ne prendo atto, ma non rinuncio a fare quello che stiamo facendo: la cosa più bella della vita. E se suscita disagio in qualche benpensante ben venga. “Quello che fai è bello, ma non c’entra niente con noi. Lo fai a titolo personale. Non lo fai a nome della Chiesa”. Ne prendo atto, ne sono consapevole. Ma sono passati i tempi lunghissimi in cui tacere e soccombere e portare pazienza. Ne traggo le dirette conseguenze e da persona che sta in piedi me ne vado per la mia strada"
Inclusione
"Credo nell’inclusione e questo significa il diritto di amarsi e vedere pubblicamente riconosciuto il proprio amore anche per le persone dello stesso sesso. Credo nei diritti delle persone, indipendentemente dai loro orientamenti sessuali o dai loro credi. Credo fermamente in una legge sul diritto del fine vita. Questo va totalmente contro il magistero ufficiale della Chiesa e io, per correttezza e integrità, non posso esserne portavoce. Accanto al coraggio di resistere c’è quello di chi interrompere un legame quando diventa talmente stretto da soffocare. Io ho scelto prima l'uno ora è tempo di scegliere l'altro"
Il probabile addio
"Parliamo lingue diverse e diamo priorità a cose diverse, siamo da troppo tempo su mondi radicalmente diversi: con infinita ed estrema serenità e gioia Io continuerò domani, come ieri, ad accogliere nelle nostre comunità i ragazzetti che sono sulla strada vittime della violenza e dello sfruttamento, in nome di Dio e dell’umanità. Qui non voglio aggiungere altro. Credo sia giusto condividere le cose liete e anche quelle più complesse e difficili, ma non è mia intenzione stimolare rancori o odio verso alcuna istituzione. Un abbraccio a tutti e avanti in direzione ostinata e contraria... in piedi a testa alta e orgogliosi di tendere la mano ai poveri, ogni giorno e ogni notte"
La replica
“La Diocesi di Padova è ricca di esperienze di carità e di attività sociali di attenzione alle persone, alle diverse fragilità e ai loro bisogni. Gli esempi sono davvero molti e con le diverse realtà si opera con uno stile e un metodo: condivisione con gli organismi diocesani e con chi in diocesi segue la pastorale della carità, rapporto tra i vari enti, precise scelte di gestione e criteri di trasparenza, priorità...”Pur riconoscendo lo spirito umanitario e solidale che anima l’operato di don Luca Favarin, da parte sua non si è trovata condivisione di metodo. Pertanto la Diocesi, non può essere coinvolta nelle sue attività, che vengono ad assumere carattere imprenditoriale (il diritto canonico prevede che i chierici non possano esercitare attività commerciale se non con licenza della legittima autorità ecclesiastica [cfr. canone 286]*).Don Luca Favarin, rimanendo sulle sue posizioni e su una gestione personale del suo operato anche in campo sociale, è arrivato alla conclusione di proseguire la sua attività come privato cittadino. Di questo la Diocesi prende atto”.
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