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Padova: a Mortise storie di solitudine e solidarietà

Padova: a Mortise storie di solitudine e solidarietà
  1. La parola ai cittadini: il quartiere raccontato dal parroco don Federico Camporese e da una famiglia residente
All’ombra del campanile e della Corte. Un tempo a Mortise, quartiere che ha visto nascere uno dei primi grandi centri commerciali della città, si veniva ad abitare. Di quelle famiglie, oggi, non è rimasto quasi più nessuno. I figli hanno scelto di andare a vivere altrove e di quella generazione, che aveva comprato casa e fatto il mutuo cercando di non saltare mai una rata, rimangono in pochi. Lo spopolamento è inarrestabile. Il volto di Mortise è sempre più multietnico e povero. Un problema quello della povertà che non fa distinzioni tra italiani, nigeriani, senegalesi, marocchini. Eppure, nonostante le numerose criticità, un altro tratto distintivo non è mai venuto meno: la solidarietà. In prima linea – dai pranzi comunitari (prima del Covid) alle raccolte di vestiti e alimenti –, da sempre c’è la parrocchia. Dal 2019 parroco di Cristo Risorto (la chiesa nuova) e Madonna della Salute (la chiesa storica), due realtà che il vescovo Cipolla non a caso ha voluto “unire”, è don Federico Camporese. Di recente ha messo a disposizione alcuni locali per ospitare l’ambulatorio di un medico di base provvisorio dopo che 1500 residenti, soprattutto anziani, da febbraio sono rimasti senza assistenza. Don Federico, nato a Chiesanuova, esordisce con un dato forte che, da solo, basta a restituire uno spaccato del quartiere. “Mortise, come tutti, è stata segnata dalla pandemia ma, mentre nel 2020 celebravo una media di 2-3 funerali a settimana, quest’anno, almeno fino ad aprile, siamo arrivati a 4-6, uno dei numeri più alti in diocesi. Le cause? Non cluster o focolai, piuttosto il fatto che, ormai da anni, Mortise non è più ‘un paese per giovani’. Qui sono rimasti solo i vecchi, i primi venuti ad abitare negli anni Settanta, i primi purtroppo ad andarsene in questi mesi segnati dalla pandemia. E i figli? Hanno scelto di abitare altrove. Oggi il quartiere, oltre al degrado e al problema della sicurezza, vive l’emergenza della povertà. Tra i primi indicatori le bollette delle utenze domestiche di base (acqua, luce, gas) che aumentano con crescenti insoluti, così come l’impossibilità di pagare le rette degli asili, i libri di scuola, i buoni della mensa. Tante le persone che si rivolgono alla nostra Caritas vicariale e al Centro di ascolto: le richieste sono aumentate del 40 in questi mesi di emergenza sanitaria. Dietro alla necessità di indumenti, cibo e sostegni, non dimentichiamo che ci sono storie umane, una differente dall’altra, tracce di umanità segnata da povertà, disperazione, solitudine e violenza”. In questo 2021 la parrocchia ha deciso di aiutare, a più livelli (da quello economico alla presenza di volontari) quattro famiglie, il prossimo anno toccherà ad altre quattro. “La povertà è un grave problema, ma ciò di cui ha davvero bisogno il quartiere – conclude don Federico – è l’educazione alla bellezza. Solo questa può cambiare le cose e rovesciare le montagne”.
Tracce di bellezza che, in fondo, non mancano. Come il mare di solidarietà che ha travolto la famiglia Clair dopo che il loro appartamento, in uno dei condomini di via Barozzi, è andato a fuoco. “Eravamo su una strada e invece ci hanno ospitato amici, oggi dei vicini ci stanno prestando casa sempre qui a Mortise – afferma il figlio della famiglia Clair – e altri amici hanno lanciato una raccolta fondi. Non ci aspettavamo tanta vicinanza, grazie a tutti per questo cuore grande”. (n.m.)
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