Sfiorare il dramma da vicino e riuscire a raccontarlo con una straordinaria lucidità che lo rende, se possibile, ancora più sconvolgente. Cinzia Gabbatore vive a Piove di Sacco, è una bella donna, alla moda e dalla battuta pronta, ma quando parla di quel venerdì notte, a Dacca, in Bangladesh, il suo sguardo si fa cupo. Cupo, sì, ma anche determinato e coraggioso. Uno sguardo che vuole trasmettere la volontà di non cedere al terrore e di non generalizzare. “I musulmani non sono tutti terroristi, anzi, ho conosciuto molti di loro che condannano queste pratiche” ha voluto sottolineare, durante una lunga chiacchierata, in cui ha raccontato della sua esperienza in Bangladesh, culminata nella notte in cui un commando Jihadista ha fatto irruzione nel locale Holey Artisan Bakery al grido di “Allah è Grande”, uccidendo venti persone, tra cui nove italiani. Ma facciamo un passo indietro. “Io e il mio compagno, Marino Ranzato, siamo partiti per il Bangladesh a gennaio di quest’anno - ha raccontato - Lui lavora per un’azienda impegnata nel settore tessile. Abbiamo trovato casa nella zona diplomatica di Dacca, in cui ci sono molti Club frequentati da persone occidentali e da tanti europei: erano 300 gli italiani registrati a Dacca – ha spiegato – Il clima che si respirava era quello di un paese che sta intraprendendo uno sviluppo piuttosto accelerato e quando arrivai non si percepivano sentimenti di paura, il contesto era quello di un islam moderato”. La nuova vita piace ad entrambi, così Cinzia e Marino si costruiscono la loro quotidianità fatta di lavoro e di amicizie, tra cui molti europei, anche loro lì per motivi di lavoro. Passo dopo passo, raggiungono la loro serenità nel nuovo contesto che li ospita. Fino a quel venerdì sera, che ha segnato la vita di molte persone, tra cui anche Cinzia e Marino. “Siamo usciti di casa per recarci a cena, intorno alle 19, e ci siamo diretti verso il German Club, a cui siamo iscritti, nel quartiere di Gulshan One – racconta Cinzia – Era il periodo verso la fine del Ramadan, in cui molti occidentali tornano a casa. Quella sera, infatti, il locale non era particolarmente affollato, e siamo rientrati a casa verso le 21”. Al loro rientro la coppia riceve una miriade di telefonate da parte di conoscenti, colleghi e amici, ansiosi di assicurarsi che stessero bene e non fossero tra gli ostaggi presenti nel locale assaltato. “Andavo in quel locale ogni sabato, a pranzare con le amiche, e conoscevo praticamente tutti gli italiani che sono rimasti uccisi – racconta lei, mostrando le foto dove sorridevano felici, durante occasioni conviviali in cui si erano ritrovati, ignari di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco tempo – Ho ricevuto una telefonata da parte di un’amica che lavora all’ambasciata mentre, fuori, sentivo gli spari. L’orrore è durato fino all’alba quando, intorno alle sette del mattino, le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nel locale. Nel frattempo – continua – le strade di Dacca erano state bloccate e ci era stato comunicato di rimanere in casa. Quando, finalmente, siamo potuti uscire, lo scenario era quello di una guerra”. Linda Talato
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter