Il Pm di Padova chiede il processo per la 66enne piovese che ha fatto cadere a terra il ciclista aprendo la portiera dell’auto
Ospedale di Piove di Sacco
A conclusione delle
indagini preliminari sull'
incidente costato la
vita,
due anni fa, a
Fabrizio Maria Olivi, il
Pubblico Ministero della
Procura di Padova, dott.ssa
Cristina Gava, ha chiesto il
rinvio a giudizio per l’
automobilista ritenuta
esclusiva responsabile del sinistro e del
decesso,
M. P., una
piovese di 66 anni. Riscontrando la richiesta, il
Gip del Tribunale patavino, dott.
Claudio Marassi, ha fissato l
’udienza preliminare del processo per il
27 aprile 2022, alle 10.20, presso il palazzo di Giustizia di via Nicolò Tommaseo.
Olivi,
perito informatico di
64 anni, anch’egli di
Piove di Sacco, il
7 febbraio 2020 stava pedalando in
bici lungo via
Conte del Panico, nella sua città, quando si è imbattuto nella
manovra dell’indagata, cui si imputa di aver causato la morte del ciclista “
per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme sulla circolazione stradale” per citare l’atto del Pm. La donna, come ricostruito dall’inchiesta, subito dopo aver
parcheggiato la sua
Toyota Yaris in un apposito stallo al civico 23 di via Conte del Panico, “
per controllare la correttezza della manovra di parcheggio - prosegue il magistrato -
apriva improvvisamente e repentinamente lo sportello anteriore, lato guida, in direzione della corsia di marcia,
lungo la quale stava sopraggiungendo in sella alla sua bicicletta Olivi”. Il quale, “
in conseguenza di tale manovra, andava a urtare con la mano destra e la leva del freno anteriore del velocipede sullo spigolo della portiera anteriore dell’autovettura”, rovinando a terra. A causa della
brutta caduta il 64enne, persona molto attiva che non soffriva di particolari patologie, ha riportato
gravi lesioni tra cui la
frattura del bacino e il
distacco parcellare di un dito della
mano destra, per una
prognosi pesante di 90 giorni. E’ stato trasportato e ricoverato fino al 19 febbraio nel
reparto di Ortopedia dell’ospedale cittadino e poi dimesso per continuare le cure a casa. Il paziente si è
attenuto alle
indicazioni dei sanitari, sia per la
terapia farmacologia prescritta, tra cui quella
antitromboembolitica, sia per la postura acquistando un
letto elettrico: doveva restare a riposo assoluto in posizione supina per venti giorni, poi avrebbe potuto assumere quella seduta e dopo 40 giorni sarebbe dovuto tornare in ospedale per un esame radiografico e una visita ortopedica di controllo per poi iniziare la rieducazione. Ma il
26 febbraio 2020, verso mezzogiorno, Olivi si è improvvisamente
sentito male, non riusciva più a respirare e a nulla sono valse tutte le manovre rianimatorie dei sanitari del Suem. La moglie della vittima, che ha lasciato anche un figlio oggi sedicenne, oltre a due fratelli e due sorelle, per capire cosa fosse successo al marito, attraverso l’Area manager
Riccardo Vizzi, si è rivolta a
Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, che ha subito chiesto e
ottenuto di bloccare il riscontro diagnostico interno ordinato dalla direzione sanitaria e già fissato per il 28 febbraio all’ospedale di Padova, chiedendo alla Procura di
disporre una perizia autoptica “terza” con un proprio consulente tecnico d’ufficio. Richiesta accolta. La dott.ssa Gava, aperto un
procedimento penale per
omicidio stradale a carico della automobilista, ha ordinato l’
autopsia per stabilire con certezza le cause del decesso incaricando il
medico legale dott. Antonello Cirnelli: alle operazioni peritali, svoltesi il 6 marzo, ha partecipato anche il dott.
El Mazloum Rafi, in qualità di
consulente medico legale di parte per la famiglia della vittima. Il dott. Cirnelli ha concluso che il signor Olivi, allettato per i postumi del recente incidente stradale (in particolare la frattura dell’emibacino sinistro), “
pur essendo stato sottoposto, come dovuto, a profilassi anticoagulante”, aveva maturato “
un quadro di tromboembolia polmonare improvviso, massivo e fatale” legata a una trombosi venosa profonda dell’asse iliaco femorale sinistro. “
L’operato del personale sanitario intervenuto va ritenuto corretto e tempestivo - ha concluso il Ctu -
Il decesso va ascritto solo ed esclusivamente alle conseguenze del sinistro stradale”. Escluso ogni possibile profilo di responsabilità da parte dei medici che hanno avuto in cura il ciclista, il Pm ha quindi
chiesto il processo per l’automobilista, ritenuta unica responsabile della tragedia. I
familiari della vittima, sono già stati
risarciti dall’assicurazione della vettura e la moglie di Olivi ha dichiarato fin dall’inizio di non nutrire risentimento verso l’automobilista comprendendo che disattenzioni simili, purtroppo, possono capitare. Ma la vedova e il figlio confidano comunque che anche la
giustizia penale faccia al più presto il suo corso, se non altro per
chiudere almeno il
capitolo giudiziario di una ferita che per il resto non si rimarginerà mai.