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Pontelongo, addio ad Armida Giurgiovich: esule istriana e vedova dell'appuntato ucciso nel 1981, una vita di coraggio e dignità

La sua vita, segnata da esilio, sacrifici e dalla perdita del marito, è stata guidata da coraggio, dignità e forte unità familiare. Le figlie ricordano la sua umiltà e il suo amore per gli affetti

PONTELONGO vedova angelini

È mancata improvvisamente nella sua abitazione, Armida Giurgiovich, vedova dell’appuntato dei carabinieri Michele Angelini, ucciso in paese nel 1981 mentre cercava di sventare una rapina all’ufficio postale. Aveva 88 anni. Ha lasciato le figlie Giacinta, Lucia e Maria. La sua è stata una vita segnata presto dalla prova e dal coraggio. Esule istriana, a otto anni Armida fu costretta a fuggire con la madre verso Trieste, dopo l’uccisione del padre. L’infanzia fu dura, segnata dalla povertà e dall’esilio, ma anche da una grande forza d’animo. A Trieste, a diciott’anni, conobbe il giovane carabiniere Michele Angelini. Le regole dell’Arma imposero allora attese e rinunce: dovettero aspettare che lui compisse 31 anni per sposarsi, e poi trasferirsi da Trieste a San Martino di Lupari, la prima tappa di una vita condivisa al servizio dello Stato.

Nel 1973 la famiglia arrivò a Pontelongo, dove Angelini prese servizio. Il 21 aprile 1981, Armida rimase vedova a 44 anni, con tre figlie da crescere. Un dolore che non l’ha mai abbandonata, ma che ha affrontato con dignità e una fede silenziosa. “Mamma era molto umile” raccontano le figlie “ma felice degli affetti che la circondavano. La nostra famiglia è sempre stata unita. Ogni anno organizzava un grande pranzo con figli e nipoti, più di venti persone. L’Arma, in servizio e in congedo, ci è sempre stata vicina. I ricordi e le cerimonie per papà la commuovevano, perché sentiva un affetto autentico”. Da Roma è arrivato un messaggio di cordoglio del generale di brigata Adriano Casale, primo comandante della Compagnia di Piove di Sacco tra il 1985 e il 1990. “Ho un ricordo nitido della signora Angelini” scrive “legato alla sua partecipazione alle cerimonie dell’Arma. Era sempre presente, con compostezza e dignità, mossa dal rispetto e dalla condivisione dei valori professati dal marito. Credo che il ricordo e l’affetto dei colleghi le abbiano alleviato, almeno un poco, il peso di un così alto prezzo pagato”.

Alessandro Cesarato

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