Non è difficile, soprattutto in periodi come questi di grande morbilità legata agli effetti dell’influenza e delle sue complicanze, sentire pazienti che si lamentano per le lunghe ore di attesa trascorse nei Pronto Soccorsi Ospedalieri. La colpa si è sempre fatta ricadere e sul numero degli accessi inappropriati e in modo particolare sui cosiddetti “codici bianchi”. Dai dati illustrati all’ ultimo Congresso Nazionale della Società di Medicina Emergenza-Urgenza è emerso che gli accessi inappropriati, cioè quelli che potrebbero trovare risposta ai loro problemi di salute in sedi diverse, costituiscono il 30% degli accessi ai Pronto Soccorso, praticamente 1 accesso su 3 risulterebbe non appropriato; di questo 30% il 95% è formato da codici bianchi che individuano i casi meno gravi e urgenti e il 20% da codici verdi. Pur costituendo il 30% del totale questi accessi risultano gestiti in tempi brevi e richiedono un limitato impegno da parte del personale dedicato che quantificato in limiti temporali non raggiunge il 15% delle ore totali. L’impegno più gravoso del personale del Pronto Soccorso è invece rivolto verso i casi più gravi (codici verdi,gialli,rossi) che dovrebbero essere ricoverati entro 6 ore secondo gli standard di riferimento e invece restano relegati in Pronto Soccorso per molto più tempo richiedendo molto più impegno da parte del personale e conseguentemente comportano un rallentamento ed una attesa proporzionalmente maggiore dei nuovi accessi. “La vera inappropriatezza, secondo gli specialisti dell’ emergenza-urgenza, per il Pronto Soccorso non è tanto il paziente con un codice basso, ma il paziente in barella in attesa di essere ricoverato in un altro reparto dell’ Ospedale. L’analisi corretta dei dati orienta a progettare interventi e destinare risorse non tanto sul problema degli accessi impropri,quanto piuttosto su altri fattori che sono i reali determinanti dell’affollamento dei Pronto Soccorso:i percorsi intra-ospedalieri dai Pronto Soccorso ai Reparti e i percorsi di uscita dall’ Ospedale al Territorio,dove è indispensabile rafforzare il sistema delle cure territoriali, il supporto domiciliare e la rete delle strutture residenziali e intermedie”. Di circa un terzo della popolazione che ogni anno si reca in Pronto Soccorso dai casi più gravi ai casi meno gravi fi no a quelli banali per circa 24 milioni di accessi nel 2013, l’1% sono codici rossi,18% gialli, 66% verdi, 15% bianchi, e si tratta per lo più di pazienti anziani malati e soli (4 milioni l’anno), incidenti stradali (175mila/ anno);ictus (200mila casi/anno) infarto e malattie cardiache (75mila casi/anno). Il 98% dei codici bianchi, l’ 88% dei codici verdi e il 64% di quelli gialli viene dimesso direttamente dai Pronto Soccorso, ma i problemi veri sono per quelli che necessitano di ricovero la cui attesa può variare da 1 a 6 giorni e che costituisce l’ endemico e ormai cronico problema del sovraffollamento dei Pronto Soccorso italiani. E’ anche vero che una riorganizzazione operativa che semplifichi atti burocratici, che preveda percorsi diagnostici facilitati,c he consenta di implementare il personale dedicato, sia in conformità alla struttura(pianta organica) sia in relazione a bisogni particolari e momentanei, anche ricorrendo a personale proveniente dai reparti in momenti critici,(perché non si possono elefantizzare strutture che in altri momenti risulterebbero inutilmente sovradimensionate), accompagnata da una riorganizzazione territoriale in grado di far fronte a tutti quei problemi di salute che non necessitano,almeno in prima battuta, dell’ intervento del Pronto Soccorso, potrebbero dare una grossa mano ad alleggerire situazioni oggi oggettivamente difficili sia per i pazienti che per gli stessi operatori medici e non medici. Francesco NocePresidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Rovigo
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