Per l'Ordine dei consulenti del lavoro della provincia di Venezia “con il green pass obbligatorio per i lavoratori l’organizzazione del lavoro diventa complessa”
“Il decreto 21 settembre 2021 n.127 ha ampliato gli ambiti di applicazione del Green pass, includendo sia i lavoratori pubblici sia i privati. Senza esprimere giudizi sul provvedimento, come consulenti del lavoro ravvediamo alcune problematiche che si porranno ai datori di lavoro. Se da un lato vi sono le aziende strutturate in cui la mancanza di alcuni lavoratori non dovrebbe creare importanti difficoltà, nelle aziende più piccole l’applicazione del decreto legge crea sicuramente problemi gestionali e organizzativi”. Per l'ordine dei Consulenti del lavoro della provincia di Venezia, un primo commento del consigliere Luca Scalabrin. “Questo è particolarmente vero nel tessuto veneto, caratterizzato soprattutto da piccole e micro imprese. È proprio in queste realtà che la mancanza di personale può generare problemi" aggiunge. L'Ordine chiarisce che le problematiche legate all’obbligo del Green pass sono di due tipi. "Prima di tutto, l’azienda si vede costretta a mettere una persona a effettuare i controlli all'ingresso e mandare a casa le persone non in regola. Controlli che, tra l'altro, possono essere "a campione" e “ove possibile”, esponendo di fatto l'azienda a rischi: come fare a garantire la regolarità lavorativa richiesta nella struttura? - ragiona Scalabrin - Infatti, per una questione legata alla privacy, per il datore di lavoro è impossibile sapere prima se una persona è vaccinata o meno e questo impedisce di pianificare e organizzare il lavoro in base alle risorse disponibili”. “Il problema poi si pone per le aziende con meno di 15 dipendenti, per le quali l’art. 3 comma 7 stabilisce che dal quinto giorno di assenza ingiustificata il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato con la persona che lo andrà a sostituire e comunque per non più di 10 giorni. Insomma, si tratta di una norma arzigogolata che le aziende fanno fatica a gestire” fa notare il consigliere. “Ciò succede perché spesso si fanno le norme, ma non se ne comprendono realmente le conseguenze. Sarebbe necessario modificare l’aspetto tecnico dell’articolo 3 comma 5 e modificare le espressioni ‘a campione’ e ‘ove possibile’, che generano ambiguità, dando adito a possibili futuri ricorsi”. “Infine, resta da chiarire l’aspetto dello smart working per i lavoratori non in possesso del green pass” conclude l’Ordine.
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