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11.11.2025 - 05:12
Il cogeneratore di Conselve, mai entrato in funzione
Diego Boscarolo, esponente ambientalista del Conselvano, fondatore a Bagnoli del comitato "Il Moraro" e consigliere del consorzio di bonifica Adige Euganeo, guarda alla transizione energetica in corso da una prospettiva critica e solleva alcuni interrogativi sulla strada intrapresa nell’ultimo ventennio. “L’Italia agli inizi del 2000 ha recepito le direttive europee per il passaggio dall’uso di energie fossili a quelle rinnovabili. Di particolare importanza l’incentivazione con finanziamenti pubblici e tariffe agevolate della produzione di energia elettrica (pagata 3 volte il valore commerciale) con l’uso di biomasse e coltivazioni agricole dedicate”.
Nella Bassa Padovana, ricorda, il primo impianto realizzato, nel 2008, è stata una centrale per la produzione di energia elettrica e termica dall’allora Cosecon, la Spa dei Comuni del Conselvano. Costato 12 milioni di euro, coperti con un finanziamento pubblico, avrebbe avuto una potenza prevista di 5 megawatt grazie a un motore diesel alimentato a olio grezzo vegetale, derivante dalla coltivazione di 7.000 ettari di soia, girasole e colza. “L’impianto non è mai entrato in funzione, per la mancanza della materia prima, l’aumento del prezzo dei cereali e le proteste di cittadini e comitati contro le emissioni inquinanti”.
Negli stessi anni sono stati realizzati, tra Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, i primi impianti di biogas, progettati per riciclare le deiezioni degli allevamenti e la produzione di biometano a favore delle aziende, a cui ben presto fu affiancata la produzione di energia elettrica. “Qualcuno ha intravisto in questi impianti l’avvio di una economia circolare, un nuovo tipo di azienda agricola, non più luogo della produzione agricola ma di energia elettrica, con lo slogan "Coltivare l’energia". Una aberrazione storica, sociale e morale, visto che prevede per ognuno di questi impianti la coltivazione di quasi 300 ettari di cereali o altre coltivazioni dedicate, che saranno bruciate dentro gli impianti”. Boscarolo elenca i punti critici: basso ritorno energetico rispetto all’idroelettrico o al fotovoltaico; emissioni in atmosfera (“per ogni impianto si calcola un inquinamento pari a quello prodotto giornalmente da 10.000 auto che percorrono 20 chilometri”); fabbisogno di milioni di tonnellate di cereali; ricerca di terreni per alimentare gli impianti; smaltimento del digestato, che ha innalzato il costo degli affitti e abbassato il prezzo dei cereali.
“I fondi PNRR e la scadenza delle autorizzazioni regionali di 15 anni stanno portando alla trasformazione degli impianti di biogas in biometano. A Bagnoli questo interessa tre impianti, la cui realizzazione sarà finanziata al 40% con fondi pubblici e genererà un reddito netto di 2 milioni/anno per ogni impianto. Però avranno una potenza maggiore rispetto ai biogas e per il loro funzionamento servirà un quantitativo doppio di biomassa; per questo è prevista l’introduzione di una quantità notevole di pollina che arriverà dagli allevamenti avicoli intensivi del Rodigino e del Veronese. La produzione di biometano è meno inquinante rispetto agli impianti di biogas ma l’aumento della potenza e delle biomasse lavorate aumenterà le emissioni inquinanti. Pensiamo a quanti camion, carri e autobotti saranno necessari per il trasporto di un milione di quintali di biomassa e quale impatto avranno su traffico e inquinamento, ma anche al digestato in eccesso da distribuire nelle nostre campagne”.
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