Un libro ripercorre una appassionante vicenda dimenticata da 142 anni. Il tesoro in monete romane fu scoperto da un contadino nel 1881 in un campo di via Rovere
Esiste un tesoro in monete romane trovato a Maserà 142 anni or sono, di cui nessuno per decenni ha saputo nulla e che si scopre essere custodito al museo archeologico nazionale di Napoli. Un ritrovamento che per quantità è ancora oggi il più antico rinvenimento numismatico di tutto il Veneto. Ma come e perché è arrivato fino in Campania? A dare risposta a molti interrogativi ci hanno pensato Ennio Chiaretto, cittadino di Maserà appassionato di storia locale, e l’archeologa Cristina Ravara Montebelli nel libro “L’innominato tesoretto di Maserà e l’archeologia del territorio”, presentato in sala polivalente lo scorso 25 febbraio e reperibile in alcuni negozi del paese. Un mistero lungo più di un secolo svelato dai due studiosi, che dal 2019 hanno avviato una minuziosa ricerca documentale.
Il mistero
Era il 20 gennaio del 1881 quando un contadino, che stava lavorando in un campo nell’odierna via Rovere, trovò due vasi di terracotta contenenti circa 1.200 denari d’argento di epoca romana, repubblicana per l’esattezza. Non sapendo cosa farne si recò dal parroco, don Antonio Slaviero, che compresa l’importanza del ritrovamento interessò i Gesuiti di Padova, che vendettero le monete a un confratello napoletano, che a sua volta le rivendette al museo di Napoli, nei cui archivi sono custodite tutt’ora. Ma che ci facevano a Maserà tutte quelle monete romane? "Seguendo la storia di questi denari – racconta Ennio Chiaretto – con la dottoressa Ravara Montebelli abbiamo formulato delle ipotesi che ridisegnano la storia di Maserà in maniera differente da come siamo abituati a pensarla. Per anni si è sostenuto che Maserà non fosse altro che una palude, un luogo brullo. Però, analizzando anche i reperti ritrovati negli anni, siamo giunti all’ipotesi che vi fosse qualcosa di più. A Maserà passava la via Annia, che collegava Adria ad Aquileia passando per Padova; ma è probabile che il territorio fosse un crocevia di più strade e che vi fossero strutture per accogliere i viandanti e persino delle terme. Si spiegherebbe così la presenza di una così cospicua quantità di denaro". La riproduzione di alcune di queste monete è visibile sul totem informativo installato accanto alla pieve di Santa Maria. Ma scava e studia ecco svelato un altro mistero: la scomparsa della stele funeraria di Casalserugo, riprodotta nella copertina del libro. "La stele romana di Ettia Prima – spiega Chiaretto – era murata sopra la porta del campanile della chiesa di Casalserugo. Quando venne abbattuto nel 1947, scomparve nel nulla. Le nostre ricerche hanno portato a ritrovarla in provincia di Milano. Diversamente dalle monete, per le quali esiste un contratto di compravendita e che si trovano quindi legittimamente al museo di Napoli, della cessione della stele non esiste alcuna documentazione ufficiale, pertanto potrebbe venirne reclamata la restituzione". Cristina Salvato
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