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Maxi frode sui fondi europei Pnrr: arrestata anche una coppia residente a Verona

La Guardia di finanza di Venezia ha emesso 24 misure cautelari nei confronti di 23 persone e sequestrato 600 milioni di euro insieme a numerosi beni di lusso.

Sarebbe una coppia residente a Verona la mente di una maxi frode ai danni della Unione Europea sui fondi del Pnrr. Lui altoatesino, lei ucraina, insieme a decine di complici. Ieri 4 aprile, all'alba, i militari della guardia di finanza di Venezia, in collaborazione con Scico (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) e il Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche, hanno eseguito 24 misure cautelari nei confronti di 23 persone su richiesta di Eppo (la procura europea): otto sono stati arrestati e portati in carcere, 14 si trovano ai domiciliari, mentre per due è stata disposta l'interdizione a svolgere l'attività professionale e commerciale.

L'organizzazione 

Le attività di frode, allo stato delle indagini attribuite al sodalizio criminale con il coinvolgimento di svariati prestanome e l’ausilio di 4 professionisti, hanno in una prima fase riguardato iniziative progettuali per decine di milioni di euro, finanziate a valere sul PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), nell’ambito della Digitalizzazione, Innovazione e Competitività nel sistema produttivo ed erogati da SIMEST (società partecipata da CDP con l’obiettivo di sostenere le imprese italiane nel percorso di internazionalizzazione), che ha corrisposto tempestivamente alle richieste dell’Autorità giudiziaria fornendo collaborazione alle indagini. Le investigazioni hanno poi permesso di far emergere come la medesima organizzazione, utilizzando spesso le stesse società, creasse crediti inesistenti nel settore edilizio (bonus facciate) e per il sostegno della capitalizzazione delle imprese (A.C.E.), per circa 600 milioni di euro. Le attività di polizia giudiziaria, condotte dalle Fiamme Gialle di Venezia con il supporto dei Reparti Speciali della Guardia di Finanza, hanno consentito poi di individuare, mediante l’uso della tecnica del “follow the money”, le condotte ritenute di riciclaggio e autoriciclaggio di ingenti profitti illeciti attuate attraverso un complesso reticolato di società fittizie costituite anche in Austria, Slovacchia e Romania. Ad agevolare la ricostruzione dei flussi finanziari illeciti hanno contribuito gli approfondimenti svolti su oltre 100 segnalazioni di operazioni sospette (provenienti anche da Financial Intelligence Unit estere) afferenti agli indagati che, insieme a riscontri documentali raccolti attraverso acquisizioni documentali e indagini bancarie, hanno consentito di individuare i presunti responsabili. Alla base, vi era un altrettanto raffinato apparato di riciclaggio, agevolato anche dall'utilizzo di tecnologie avanzate (come Virtual Private Network, server cloud dislocati in Paesi poco collaborativi, cryptoasset, specifici software di intelligenza artificiale per aumentare la velocità di produzione dei documenti falsi) e di società di cartolarizzazione dei crediti al fine di occultare e proteggere, da un lato, l'illegale business del sodalizio da eventuali controlli e, dall'altro, trovare nuove modalità di monetizzazione dei crediti inesistenti.

Il sequestro

Tra i beni sotto sequestro, oltre i 600 milioni di crediti, spiccano appartamenti e ville signorili, importanti somme in criptovalute, orologi di alta fascia (Rolex), gioielli (Cartier), oro e auto di lusso (tra cui Lamborghini Urus, Porsche Panamera e Audi Q8).
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