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Padova: fra dubbi e proteste presentata la nuova linea del termovalorizzatore di San Lazzaro

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Termovalorizzatore: un ammodernamento da 100 milioni di euro pronto per il 2025

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Un investimento di 100 milioni di euro per realizzare la nuova linea del termovalorizzatore di San Lazzaro. Un impianto all’avanguardia, capace di massimizzare il recupero dell’energia, trattando 300 tonnellate di rifiuti al giorno e contenendo le emissioni del 50% rispetto a quanto avviene con le linee attuali – la 1 e la 2 – avviate negli anni Sessanta e Settanta, non più al passo con i tempi nonostante gli interventi di miglioramento. Un progetto presentato in Regione il 9 dicembre scorso e che, una volta concluso l’iter e ottenuta l’approvazione, sarà realizzato dal settembre del 2022 e pronto a entrare in funzione nel giugno del 2025. Solo allora le vecchie linee saranno dismesse e demolite. Hanno partecipato quasi in duecento alla presentazione pubblica del progetto organizzata da Hestambiente il 4 gennaio. Su Zoom, naturalmente. Il che non ha scoraggiato né l’esserci né le domande scritte. Ne sono arrivate 150: l’amministratore delegato Paolo Cecchin e i progettisti non si sono sottratti a precisazioni tecniche e preoccupazioni. Mantenendo sempre lo sguardo puntato dritto sull’obiettivo: dotarsi di un impianto nuovo, che dia garanzie, che non si inceppi, che sia in grado di produrre 176mila MW all’anno di energia elettrica (il 67% in più rispetto a quanta se ne produce oggi, arrivando a soddisfare l’equivalente del fabbisogno di 25.900 famiglie), di cedere energia termica, di bruciare sia rifiuti solidi non pericolosi che rifiuti liquidi come percolati e Pfas. E soprattutto di avere un impatto ambientale minimo, garantito anche da un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni, dalla modifica dell’ingresso e della viabilità interna, da una nuova opera di presa d’acqua sul Piovego a sostituzione di quella attuale. Oltre che l’annunciata promessa della diminuzione delle Pm10 in città fino al 15%. Il nodo cruciale Hestambiente lo ha affrontato in premessa. Perché dotarsi di un termovalorizzatore così importante, che va già ben oltre il fabbisogno del territorio? Perché bruciare i rifiuti quando la strada intrapresa è quella della raccolta differenziata? “Perché l’obiettivo del Veneto è la discarica zero”, ha dichiarato Cecchin. Una strada ancora lunga, se si considera che oggi a livello regionale sono 240mila le tonnellate annue di rifiuti recuperate in termovalorizzatore, ma oltre 600mila quelle che finiscono ancora in discarica. “Per questo è fondamentale mantenere il termovalorizzatore”. Che brucia non solo i rifiuti non riciclabili ma anche quelli che arrivano dagli scarti della differenziata. Più aumenta la raccolta più c’è bisogno di recuperare quegli scarti. Come? Producendo energia. Chiudendo così il cerchio dell’economia circolare. Filosofia chiara ma dibattito più che mai aperto.

Le opinioni politiche

Per il sindaco Giordani “non c’è nessun preconcetto a priori e prima di dirmi contrario a un progetto di ammodernamento sugli standard di sicurezza ed emissioni più moderni a livello europeo vorrò approfondire tutto con la giunta. Allo stesso tempo su alcune questioni vogliamo capire bene e capire tutto, perché noi cerchiamo e perseguiamo anzitutto la tutela dei padovani e del nostro territorio”. Aggiunge Giacomo Cusumano, consigliere comunale del M5S: “Nel 2021 gli inceneritori andrebbero chiusi e non aperti come vogliono fare a Padova. Sul piede di guerra i cittadini dei Comitati Stanga, San Lazzaro e No quarta linea: “A Padova est si sono registrati varie morti per tumore ai polmoni e casi frequenti di malattie respiratorie e allergie. Siamo la seconda città più inquinata d’Italia, è assurdo parlare di un inceneritore vicino al centro, a fianco di un polo ospedaliero e all’interno di un quadrante destinato a un grande sviluppo”. Rassicurazioni vengono chieste anche dal Pd con il segretario cittadino Davide Tramarin e il capogruppo in consiglio comunale Gianni Berno. Critica la posizione di Coalizione Civica: “Troppe questioni non sono chiare. Qualche esempio? Il progetto presentato prevede lo smantellamento delle prime due linee: dove sono le garanzie di una reale e soprattutto contestuale dismissione?”. Dubbi, infine, da Legambiente: “Non vorremmo che con questo importante potenziamento si finisse per smaltire il secco di quattro province”. Nicoletta Masetto - Sara Salin
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