Vicenza, il prof. Broglio è uno studioso della vita degli uomini primitivi di livello europeo
Il professor Alberto Broglio: novant'anni di lucidità e vivacità
Quando il presidente Gaetano Thiene l’ha presentato due anni fa alla giornata che ogni anno l’Accademia olimpica organizza per celebrare un socio illustre, l’ha definito “un maestro generoso” verso tutti, specie verso gli studenti. E ne ha tratteggiato la personalità di uomo nato ad Asiago, “tutto d’un pezzo”, con tre concetti: “Ha una forte personalità, idee precise ed è coerente”. Qualità che peraltro non ne fanno un ruvido, ma sono avvolte da una cortesia innata che si esprime con un tratto signorile, accentuato da quegli occhi chiari, tra l’azzurro e il ceruleo, che a novant’anni sono ancora ben vivaci e curiosi, quant’è lucida la sua mente. A San Silvestro, infatti, Alberto Broglio compie novant’anni e ha appena spedito a una rivista scientifica un saggio per ricordare un collega, Giuliano Cremonesi, e ne ha pronto un altro. Lavori scientifici ne ha prodotti 250 nella sua vita, ma probabilmente è una stima per difetto: se andate a guardare il sito dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti (di cui è socio) a un certo punto si sono stancati di contarli. Perché sebbene sia in pensione da circa vent’anni, il professore non s’è mai fermato: ha continuato a lavorare, tant’è che è stato coinvolto anche nel Consiglio scientifico della mostra sulle palafitte di Fimon che il museo vicentino di Santa Corona sta organizzando. Del resto, la sua autorità in campo scientifico varca i confini nazionali. Lui, che è stato per trent’anni ordinario di paleontologia umana all’università di Ferrara, che è il padre di scoperte fondamentali sulla vita degli uomini preistorici nelle grotte di tutto il Nord Italia, che ha scavato al Molino Casarotto di Fimon 50 anni fa, nella grotta di San Bernardino sui Berici, a Fumane nel Veronese, ebbene il professore ha una laurea… in giurisprudenza. S’era iscritto poco convinto alla facoltà, tanto per onorare la tradizione di famiglia: suo padre Attilio, infatti, era avvocato come lo è il figlio Giovanni. Ma la sua vera passione erano le ricerche sulla preistoria. Aveva iniziato a lavorare con un mito del settore, il professor Raffaello Battaglia, classe 1896, poi ha conosciuto il suo mentore, il professor Piero Leonardi, assistente a Padova di Giorgio Dal Piaz e in seguito ordinario a Ferrara. Così è diventato assistente “straordinario” di Leonardi: aveva già il destino nella qualifica amministrativa.
Broglio e Giovanni Solinas qualche anno fa al "Festival della preistoria"
Per sistemare il curriculum, Broglio s’era poi iscritto anche al corso di laurea in Scienze e aveva dato anche vari esami. Ma non s’è mai laureato perché nel frattempo è riuscito a vincere la libera docenza, certificazione che un tempo garantiva l’idoneità all’insegnamento universitario. Lui lo racconta come se fosse una cosa normale, ma pensate a quanto deve avere studiato per conto proprio, passione a parte, un laureato in legge per essere abilitato a insegnare vita, morte e miracoli degli uomini preistorici all'università. Fosse un tuffatore, sarebbe un triplo salto mortale con doppio avvitamento. A 90 anni il professore è talmente presente a se stesso che non cade neanche nei piccoli tranelli retorici dell’intervista. La chiamano il “re dei Colli Berici”, è contento? Agita il dito a destra e sinistra in segno di vibrante negazione: “È stato Leonardi a iniziare le ricerche di carattere scientifico sui Berici – precisa – chiamato da Alvise da Schio, padre di Giulio. Era una figura straordinaria, uno scienziato con la versatilità tipica dell’Ottocento: insegnava geologia ma aveva molti altri interessi. È lui che ha dato una svolta alle ricerche sui Colli Berici, che fino ad allora erano amatoriali”. Non c’è niente da fare: l’
understatement è la sua cifra stilistica. È la stessa caratteristica per cui è stato scelto, letteralmente a sua insaputa, per entrare direttamente nel Consiglio d’amministrazione della Fondazione Cariverona, di cui poi agli inizi degli anni Duemila diventerà anche vicepresidente. I banchieri, del resto, amano le persone competenti che vivono sottotraccia. Eppure anche in quella veste s’è fatto valere, o meglio ha fatto valere con Verona, che cerca sempre di dribblare i cugini, il suo amore per la città: ha convinto la Fondazione, infatti, ad acquistare palazzo Baggio in contrà san Francesco e a ristrutturarlo, un impegno da poco meno di dieci milioni.
Carmen Loriga, moglie del prof. Broglio, scomparsa nel 2003
Se poi gli chiedete qual è stato, in tanti decenni, lo scavo più emozionante, Broglio ricorda naturalmente le ricerche compiute a Fimon 50 anni fa con Lawrence Barfield, amico e collega, quelle di Fumane nel Veronese, dove ha scoperto le tracce risalenti a 40 mila anni fa di uno dei primi gruppi di uomini moderni, cita il Riparo del Broion sui Berici, importante come Fumane per i suoi risultati sulla vita dei nostri progenitori, la grotta di Paina sempre sui Berici. Con un sorriso il professore ricorda che assieme a lui partecipava alle campagne di scavo, nelle quali si impegnava pure parecchio, Franca Faedo, sorella di Alessandro, rettore negli anni Sessanta dell’università di Pisa, e soprattutto docente di matematica al “Pigafetta”. E fin qui sarebbe solo una curiosità, se non fosse per un’altra circostanza: Franca Faedo era la sua insegnante di matematica nel 1947 al liceo quando lo rimandò a settembre in matematica. La storia si diverte a far incrociare le strade. A 90 anni il professor Broglio ricorda perfettamente i compagni di classe di quegli anni, da Adriana Valdo a Lionello Puppi; fotografa con qualche pennellata la vita a Vicenza dei primi anni Quaranta; sente come fosse oggi il rumore dei carri armati con la stella Usa in corso Palladio il giorno della liberazione. Rivede la nonna, assai amata, che ascoltava alla radio i proclami fascisti e quando si arrivava al “saluto al duce” finale rispondeva secca in dialetto:
“Mori ti e lu!”
La grotta di Chauvet in Francia con le sue stupefacenti pitture rupestri
È possibile tracciare un bilancio di una vita in poche battute? Difficilissimo. Si potrebbe ricordare che la sua credibilità è tale che è stato tra i pochissimi a entrare nella grotta di Chauvet in Francia, stupefacente per i disegni trovati. Poi l'hanno chiusa perché l'alito dei troppi turisti creava muffa. Si può citare che il portabandiera dei tanti studenti che si sono laureati con lui è Michele Lanzinger, attuale direttore del Muse a Trento. Naturalmente va ricordato il matrimonio con Carmen Loriga, sua moglie e collega paleontologa, scomparsa nel 2003: a loro il burbero Neri Pozza aveva commissionato due saggi per la “Storia di Vicenza”. L’ultima risposta dell’intervista è quella più spiazzante. C’è qualcosa che nella sua vita avrebbe voluto fare e non ha fatto? Gli occhi del professore si illuminano e la battuta è immediata: “L’architetto”. Prego? “Sì, l’architettura mi ha sempre interessato molto. Non mi piace tutta quella contemporanea, ma sono andato a Valencia a vedere la
Ciudad de las arte y las ciencas di Santiago Calatrava e m’è piaciuta”. Confida che il suo architetto preferito non è Palladio, ma Leon Battista Alberti. Insomma, da laureato in giurisprudenza è diventato un’autorità della preistoria e, sotto sotto, è anche un appassionato di architettura. Che dire? Semplicemente sorprendente. Come i grandi.
Antonio Di Lorenzo