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Vicenza, un bel risultato (dopo vent'anni di discussioni) le nuove serre "total black" a parco Querini

Parco Querini serre sala calda

La sala dove una volta crescevano le piante di limoni e arance nelle serre di parco Querini

Le serre di parco Querini a Vicenza sono state inaugurate dal Fai

L'aspetto esterno delle nuove serre di parco Querini: un parallelepipedo "total black"
La sala dove una volta crescevano le piante di limoni e arance, riallestita dal Fai per l'occasione con piante verdi
Il primo piano della caldaia che serviva a riscaldare l'acqua che si trasformava in vapore caldo
Il castelletto all'esterno delle serre ancora oggetto di lavori
Il Fai, grazie alle sue “Giornate di primavera”, ha presentato ai vicentini le serre restaurate di parco Querini. Complice il bel tempo, le file dei curiosi hanno affollato il parco, che giusto l’anno scorso ha celebrato i 50 anni dall’apertura. Fu il sindaco Giorgio Sala a raggiungere questo obiettivo nel 1971, dopo una trattativa lunga e per niente scontata. Va detto subito che le nuove serre a parco Querini rappresentano un risultato pregevole. La struttura immaginata dall’architetto Francesco Magnani è sobria ed elegante, un parallelepipedo total black dallo stile asciutto e dalla superficie riflettente. Ci sono voluti quattro anni di lavori e vent’anni dal primo convegno degli “Amici dei parchi” del 2002 – come ricorda Luisa Paterno Manfredini – per arrivare a questo risultato. La spesa è stata di 1 milione e 150 mila euro, in parte giunti dal concorso di urbanistica partecipata e moltissimo dal cosiddetto “bando periferie”. Soldi pubblici, quindi, che sono stati spesi bene perché hanno messo fine con questa pregevole realizzazione a un lunghissimo dibattito nel quale non sono mancate polemiche, litigi e perfino scissioni. Intanto, il risultato è stato raggiunto. Ora si aprirà il problema della gestione del luogo, ma è un altro discorso.
La seconda sala interna delle serre del parco
Lo spazio esterno verso viale Rodolfi: si presta a essere sfruttato come bistrot
Vado a memoria, con il rischio di sbagliare, ma ritengo che questo sia il primo esempio di architettura contemporanea in un’opera pubblica a Vicenza. Il cantiere non è terminato, perché si sta lavorando al cosiddetto “castelletto”, che si vede all’ingresso con bifore di stile gotico. La struttura in origine doveva avere un fratello al lato opposto, verso viale Rodolfi. Ma in duecento anni (le serre sono del 1820) ne sono successe di tutti i colori, dai bombardamenti dell’ultima guerra sino alle battaglie del 1848 che si svolsero a cannonate nella zona, e la vicina porta Santa Lucia ne porta ancora i segni. Così il secondo castelletto è scomparso. Adesso, al suo posto c’è uno spazio che si presta a essere sfruttato come bistrot e sarebbe ideale anche come luogo per incontri teatrali estivi e piccoli concerti all’aperto. Grazie all’allestimento del Fai di Giovanna Rossi di Schio (e grazie soprattutto al disponibilità di Thomas Pellizzaro, designer del verde di Arzignano che ha messo a disposizione gratis le piante) anche l’interno ha ripreso, almeno per il momento, la sua funzione di serra, con molte piante verdi. Nella sala principale è tornata ben visibile la vecchia caldaia: serviva a riscaldare l’acqua che scorreva nelle canalette e così riempiva di vapore la stanza, nella quale crescevano piante di limoni e di arance. L’altra grande stanza, frutto del restauro, è al momento vuota: c’è chi ipotizza potrebbe essere anche una sala conferenze. L’intervento è stato completato dalla costruzione di otto bagni. Che servono sempre…
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