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21.04.2022 - 14:18
Abbassare di quattro gradi la temperatura in casa, contingentare le aziende energivore, far ripartire al massimo le centrali a carbone. È lo scenario più fosco che potrebbe essere dietro l’angolo se le cose non si raddrizzano. Lo dipinge il vicentino Paolo Scaroni, 75 anni, tra il 2002 e il 2014 amministratore delegato prima di Enel e quindi di Eni: in questa veste ha firmato l’accordo italo russo per la fornitura del gas. È uno dei pochi italiani che ha incontrato e parlato con Putin.
Attualmente Scaroni è vicepresidente della banca d’investimento Rotschild & co. A Vicenza è presidente della Fondazione di storia dal 2016, ma per un breve periodo tra il 1997 e il 1998, ai tempi della Pilkington e della Enic fu presidente anche del Vicenza calcio.
Di recente, il manager è intervenuto sul tema della guerra russo-ucraina e dei riflessi sull’economia.
Nella sua analisi, Scaroni ricorda anche che la Gazprom continua a fornire il gas a tutti, perfino all’Ucraina con cui è in guerra la Russia. E questo perché ritengono che mantenere la parola (e la firma) in un contratto sia una priorità indiscutibile. Tant’è che in cinquant’anni non sono mai venuti meno a un contratto.
Sono più di trent’anni che l’Europa importa dalla Russa una quantità importante di gas: 150 miliardi di metri cubi all’anno, 29 dei quali finiscono in Italia. “Siamo in un guaio ciclopico - ha dichiarato Scaroni al Sole 24 ore, ripreso da Affari italiani, parlando dei rifornimenti energetici – costo e reperibilità diventeranno un problema. È il risultato di 30 anni di no a tutto da parte degli italiani. Non dei governi che si sono succeduti, ma proprio dei cittadini, che con il loro voto e loro prese di posizione hanno detto no al nucleare, no ai rigassificatori, no allo sfruttamento delle nostre risorse nel mare Adriatico. Un’opposizione continua, che si è rivolta anche contro il solare e l’eolico, di cui ora raccogliamo i frutti”.
E infatti, all’Italia servirebbero subito almeno altri due o tre rigassificatori per rimpinguare le reti con il gas delle navi metaniere che arriveranno dagli Usa. Sempre ammesso che i produttori americani siano in grado di aumentare la loro produzione, considerato che il loro livello è già ai massimi da tempo. E poi, questo gas compresso fino a 600 volte rispetto a quello trasportato via tubo, costerà certamente di più proprio a causa delle lavorazioni supplementari richieste per farlo viaggiare a bordo di navi da un continente all’altro.
Il presidente americano Biden e la presidente della Ue, Ursula von der Leyen, hanno annunciato un accordo per forniture aggiuntive di gas naturale liquefatto da 15 miliardi di metri cubi entro l’anno, con l’obiettivo di arrivare a 50 miliardi di metri cubi in più entro il 2030. Praticamente, un decimo del nostro fabbisogno per il prossimo inverno, un terzo entro 8 anni. Non molto rassicurante come prospettiva. Anche perché, ai tre rigassificatori già operativi in Italia, bisognerà affiancare almeno altre due navi che svolgano la stessa funzione, ma saranno disponibili e operative però non prima di un anno, se si trovano e se tutto va bene.
Tutti aspetti che, secondo Paolo Scaroni al momento non dovrebbero comunque farci precipitare nel burrone di una recessione industriale o di uno shock energetico. Scaroni, comunque, non vede probabile un orizzonte nero. Anzi, ai microfoni di Tv A Vicenza si è detto ottimista sul fronte economico. “Osservando i consumi – segnala il manager – si nota che si è tornati a consumare oltre 100 milioni di barili di petrolio al giorno, segno che c’è ottimismo e fiducia sia da parte del consumatore privato che da parte di quello industriale”.
Anche il prezzo del gas dovrebbe essere vicino ad una inversione di tendenza. A maggior ragione se il clima politico tra i paesi belligeranti nel cuore dell’Europa troveranno una via d’uscita. “Possiamo guardare ai prossimi mesi, e quindi all’estate - rassicura Scaroni – con una certa serenità”.
Silvio Scacco
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