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Il giovane vicentino Davide Filippi apripista alle olimpiadi: “In Cina il freddo arrivava a meno 47”

Davide Filippi migliore

Davide Filippi è il campione di sci vicentino che ha aperto le olimpiadi di Pechino nel febbraio scorso

Ha 22 anni, abita in città e ha svolto un ruolo importante nelle gare di febbraio a Pechino

Davide Filippi è il campione di sci vicentino che ha aperto le olimpiadi di Pechino nel febbraio scorso
La pista di sci alpino delle olimpiadi di Pechino l’ha collaudata lui, Davide Filippi. Vicentino di 22 anni, a giungo 2021 è stato contattato dal comitato olimpico per diventare l’apripista della discesa libera e dello slalom. Davide vive a Vicenza in zona Pomari, è laureato in scienze motorie e sta studiando per la laurea magistrale. Nel tempo libero ama trascorrere giornate in montagna con il suo Muffin, un labrador nero. Per essere chiamati a verificare e discutere delle condizioni di una pista di livello olimpico bisogna, in un certo senso, essere nati con gli sci ai piedi: l’esperienza è fondamentale e Davide ne ha tanta. Ha messo gli sci ad appena tre anni e non li ha più tolti almeno fino allo scorso agosto quando, dopo il quarto infortunio al ginocchio, si è detto che poteva bastare. Com’è andata in Cina? “Alla grande. Era la prima volta che facevo l’apripista ed è stata un’esperienza incredibile. Però, che freddo!” Temperatura minima? “-47 gradi. Tremendi.” Cosa fa un apripista? “Testa il tracciato riportando le condizioni della neve e le sue sensazioni in pista. I progettisti si affidano a noi per tracciare e modificare il percorso di gara e le motivazioni sono molte. Dalla sicurezza alle zone di luce e ombra che modificano la neve. Ah, diamo anche suggerimenti agli atleti.” In che senso? Da soli non ce la fanno? “No, puoi essere forte quanto vuoi ma hai sempre bisogno di informazioni sulle traiettorie e sulla condizione della neve. Ma in particolare gli skiman hanno bisogno di noi per preparare al meglio gli sci. La neve non è tutta uguale.” E con chi ha parlato? “Con Christof Innerhofer, Elena Curtoni e le sorelle Nicol e Nadia Delago.” Sono serviti i suoi consigli? “Credo di si. Non voglio prendermi meriti, ma alle ragazze credo d’aver dato una mano. Rispetto agli uomini si mettono più in discussione e nello sci alpino, sul podio ci sono andate solo donne. Coincidenze? Chissà.” E lei come se la cava sugli sci? “Bene, fino allo scorso anno. Nel 2012 e nel 2013 sono anche stato campione nazionale di categoria rispettivamente di slalom gigante e super G e a livello mondiale sono arrivato quarto nel super G. Poi mi sono rotto il ginocchio per la quarta volta e ho capito che era tempo di smettere. Quando scendi a più di cento all’ora, se hai la testa sul ginocchio e non sulla pista fai fatica a giocartela.” Ma come hai fatto con la scuola? “Ho fatto. Le medie erano a posto, tutto sufficiente ma il liceo Lioy non mi ha più voluto perché passavo sei mesi qui e sei mesi a Cortina per gli allenamenti e le gare. Non ero abbastanza presente. Per fortuna al Baronio mi hanno lasciato i miei spazi. Tutto questo prima del decreto ministeriale 279 del 2018, quando si è stabilito che essere atleti di alto livello e allo stesso tempo studenti non fosse un’eresia.” Se non corri più che fai? “Mi annoio e continuo a studiare. Ho già una laurea in scienze motorie e sto preparando la magistrale.” Cosa vuol dire che si annoia? “Quando sciavo avevo un obiettivo e facevo di tutto per raggiungerlo. Senza obiettivi concreti la vita diventa un po’ più noiosa e banale, ma pazienza. Me ne farò una ragione e troverò altro da fare.” Ma scia ancora? “Naturalmente. Metto le ginocchiere e per farmi una giornata sugli sci non ci sono problemi. Ma correre è un’altra cosa.” Che progetti ha sul futuro? “Aspetto di vedere qualche proposta. Mi piacerebbe insegnare sci ma anche insegnare a scuola mi tenta. Però sono sereno, i miei hanno un panificio in viale Sant’Agostino. Andasse tutto per il verso sbagliato posso sempre fare il panettiere [ride].”

Roberto Meneghini

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