Scopri tutti gli eventi
05.03.2021 - 15:14
Il professor Italo Francesco Baldo, già docente al liceo "Pigafetta" in questo articolo spiega la Lettera apostolica del papa su Dante
La fama di Giacomo Zanella nel 1886 era consolidata e la sua poesia e i suoi interventi erano sempre registrati e apprezzati e discussi. Non stupisce quindi che Francesco Florimo (1800-1888), compositore e musicologo, direttore del regio Conservatorio di San Pietro a Majella e soprattutto compagno di studi e amico devoto di Vincenzo Bellini, contattasse il poeta vicentino in occasione dell’erezione di un monumento al musicista catanese nel Conservatorio citato a Napoli per chiedergli una poesia in onore proprio di colui che con Norma e i Puritani aveva raggiunto vertici di grandissima musica, apprezzata sia da G. Verdi sia da R. Wagner, il quale, come è noto, apprezzava quasi esclusivamente se stesso.
Giacomo Zanella la cui poesia è sempre vicina alla musica, rispose all’invito e consegnò per la stampa il sonetto che sotto riproduciamo. Il testo apparve a p. 5 dell’ Album-Bellini, a cura di F. Florimo e M. Scherillo, Napoli, Stab. Tip. A. Tocco, 1886; rist. anastatica Catania, D. Sanfilippo, 2001. Non era certo l’unica fatica dedicata da Florimo all’amico Bellini, tanti altri testi gli dedicò tra cui una pregevole biografia e la cronaca proprio dell’avvenimento del 1866 quando fu scoperto il monumento scolpito da Alfonso Balzico. L’Album-Bellini intendeva affiancare come monumento “verbale” quello scultoreo. E’ opera composita, celebrativa, ma rende merito a quel grandissimo della musica italiana che vive ancor oggi ed è punto di riferimento per musicisti e cantanti lirici e le sue opere sono oggetti di continua riproposizione. Accanto, ecco la pagina dell'Album Bellini in cui è riportato lo scritto di Fogazzaro e il sonetto di Zanella.
Il sonetto di G. Zanella, confluirà successivamente, nel 1887, nei sonetti Continuazione dell’Astichello (Roma, Tip. della Camera dei deputati), e oggi è nell’ultima edizione della silloge (Vicenza, Editrice Veneta, 2013) il n. LXXII.
I versi zanelliani di valore qualitativo hanno giocosità di tono e sono basati sulla nostalgica rievocazione della giovinezza in termini di gradevole erudizione mitologica e di sincera usualità espressiva che coglie di riflesso e il musicista e il poeta.
Questa lira o testuggine, secondo
Che più piace chiamarla in Elicona,
Che al tocco or doloroso ora giocondo
Dell’inquieto pollice risuona;
E questa, onde le tempie mi circondo,
Di poche foglie sudata corona.
Che d’altri studi in guiderdone il mondo
Alle canute mie chiome perdona,
Quante lieto darei per quella piva,
Che coll’umida scorza d’uno schietto
Ramo di salce il villanel compose,
Se con essa tornasse la giuliva
Mia fanciullezza e l’agile intelletto
Che in roseo mi pingea tutte le cose.
Edizione
I più letti
GIVE EMOTIONS SRL | C.F. e P.IVA 04385760287 REA PD-385156 | Reg. Tribunale di Padova n. 2516