Una meditazione in agili capitoli sulla persona, la società e la Chiesa: così l'era covidica ci sta trasformando
Lauro Paoletto, direttore de La Voce dei Berici, autore di un libro significativo sugli effetti sociali dell'era covidica
È la domanda attorno alla quale ci stiamo arrovellando da un anno: come ne usciremo? Dalla pandemia, s’intende. E non tanto sotto il profilo sanitario, che è già un problema, ma dal punto di vista dell’anima e della comunità. Le risposte hanno toccato differenti registri. Ci sono stati gli ottimisti (“andrà tutto bene”, ma poi gli applausi dai balconi si sono spenti mestamente), i pessimisti (“non ne usciremo migliori, perché l’uomo non impara niente della Storia”, ma questo si sa da sempre) e grazie a Dio esistono i riflessivi, che si nutrono di domande e cercano le locuste della Sapienza, che non a caso erano il cibo dei profeti, anche di quello speciale profeta della verità che era un vicentino atipico come
Rienzo Colla di cui celebriamo in questi giorni i cent’anni dalla nascita.
"La pandemia ci offre una grande chance di diventare migliori: ma dipende da noi sfruttarla"
A questo gruppo appartiene anche Lauro Paoletto, 56 anni, giornalista e direttore della Voce dei Berici. Ha pubblicato un libro che già dal titolo interpella le coscienze:
“Come saremo? - Oltre la pandemia tra memoria e ricerca di senso”, 124 pagine, Proget edizioni. È molto più di una raccolta di meditazioni – molte pubblicate, ma tante sono inedite – su quanto sta accadendo attorno a noi. Come scrive nella prefazione
Giuseppe Riggio, autorevole osservatore e caporedattore di
Aggiornamenti sociali, prelibata rivista di approfondimento dei gesuiti, il libro di Paoletto
“è un diario pubblico della pandemia, un prezioso contributo perché presente e futuro non si possono costruire senza la memoria del passato”:
“La lettura di questo libro – aggiunge –
ci aiuta a ricordare (cioè a riportare al cuore) quanto abbiamo vissuto, dando valore ai passi compiuti e – speriamo – apprendendo dagli errori commessi”.
Paoletto ha una grande preoccupazione per i giovani: e quei ragazzi imbavagliati in copertina ne sono una metafora
La copertina del libro di Lauro Paoletto: i ragazzi imbavagliati in copertina sono una metafora della società che li ha dimenticati
Il libro parte da una premessa, niente affatto scontata: vorremmo tornare come prima, ma non si può. È un equivoco in cui siamo caduti tutti e dal quale molti non sono ancora riemersi. Perciò è giusto chiedersi: come saremo? Risponde l’autore:
“Saremo quello che ciascuno deciderà di essere, il destino già scritto non esiste. Di sicuro saremo molto diversi. La pandemia ci offre – potenzialmente – una grande chance di diventare migliori. Intanto, al netto degli errori, ha fatto cambiare l’Europa in modo radicale. Speriamo che l’Europa diventi davvero un modello alternativo a Cina e Usa”. Vero. Però servono occasioni di riflessioni. E queste pagine aiutano. Il libro è diviso in tre ambiti: individuo, società e Chiesa. Sono le tre sfaccettature del prisma pandemico, almeno per un credente. Andiamo con ordine, seguendo questa tripartizione.
L’individuo. Curiosamente, e non credo casualmente, la risposta all’interrogativo del titolo, Lauro Paoletto l’ha messa già in copertina, con quei giovani imbavagliati (e non mascherati) che rappresentano la metafora del nodo che non riusciamo a sciogliere: quale futuro stiamo consegnando a questi ragazzi? Il problema è delicato e nevralgico perché alla fine ci stiamo giocando la formazione di una generazione:
“È uno scandalo la non-priorità data alla scuola” sferza Paoletto.
“Se l’Italia si dimentica dei suoi figli” è il titolo di un capitoletto, in cui scrive:
“Questi mesi di crisi hanno messo in discussione molti riferimenti che sembravano solidissimi. Ma le giovani generazioni continuano a non essere considerate davvero”. È talmente centrato e permanente il problema che l’ha dovuto ribadire in Parlamento in questi giorni anche il premier Draghi.
La società. Paoletto indica due figure centrali di questo primo anno del
covidico, la nuova era che - spiega - è nata da questa pandemia: papa Francesco e il Presidente Mattarella. L’uno e l’altro non saranno mai lodati abbastanza per l’equilibrio, la lungimiranza e la profondità che hanno dimostrato, e la speranza che hanno infuso agli italiani. Tant’è che nel libro sono riportati due loro interventi: l’omelia del 27 marzo 2020, venerdì santo, quando il papa solo sul sagrato di San Pietro commosse il mondo; e il discorso di fine anno del Presidente dell Repubblica, quando Sergio Mattarella indicò la strada:
“Cambiamo quello che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alle nuove generazioni”.
Il Papa e Mattarella due figure di riferimento: hanno insistito sul "noi", unica ricetta per salvarci e costruire il domani
Paoletto si confessa ottimista anche riguardo al destino della nostra democrazia. Cita Ilvo Diamanti quando spiega che
“gli italiani hanno scoperto che non hanno bisogno dell’uomo della Provvidenza ma dell’uomo dell’emergenza”. È già molto, dopo venticinque anni alla ricerca della nuova Repubblica, vissuti spesso dagli elettori tra le fascinazioni
glamour berlusconiane e il populismo salviniano.
“Di fronte a un Paese intontito e smarrito, il papa e il Presidente hanno inviato lo stesso messaggio: hanno insistito sul “noi”, che è l’unico modo per difenderci, perché siamo tutti sulla stessa barca. Imparare a vivere la corresponsabilità, in quanto la mia salute dipende anche dal tuo comportamento, è un passo in avanti per la società italiana”.
La Chiesa. Anche la Chiesa, se farà tesoro della lezione della pandemia, ne uscirà migliore.
“In questi mesi sono emersi segnali interessanti – sottolinea il direttore della Voce dei Berici –
ma anche preoccupanti. La pandemia ha fatto emergere differenze molto forti. C’è uno scontro in atto. Nella Chiesa sta affiorando il pluralismo che questo papa ha fatto emergere ma anche le resistenze a questo cambiamento”. Sorgono interrogativi decisivi: “
In questi anni che formazione alla fede è stata tracciata? – si chiede Paoletto –
Sull’ambito della cittadinanza, per esempio, la Chiesa è messa alla prova. Io sono per prendere una posizione decisa”. Una Chiesa nuova servirebbe molto a costruire una comunità laica nuova, secondo Paoletto. E ha ragione:
“Stanno cambiando i parametri sociali, sta cambiando anche il modello di sviluppo, che prende a riferimento nuovi canoni. Anche l’Onu sta rivedendo i criteri del Pil”. Paoletto avverte che questo è stato (e lo sarà ancora, perché purtroppo non è esaurito) un tempo di cambiamento e offre lenti bifocali che mettono a fuoco l’oggi e il futuro. Applicando quanto scrisse proprio Rienzo Colla con poche parole a proposito di un libro di Luigi Accattoli, di cui aveva letto le bozze, anche questo di Paoletto “è un libro fatto bene e che fa bene”.
(Antonio Di Lorenzo).