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Padova, violenza sulle donne. Analisi della problematica e attività di contrasto

La violenza sulle donne nella provincia di Padova analisi della problematica e attività di contrasto

Per offrire uno spaccato della violenza contro le donne in provincia di Padova, i Carabinieri nel periodo 1° gennaio 2023 – 31 ottobre 2023 ha tratto in arresto 36 soggetti di cui 19 per maltrattamenti in famiglia, 7 per violenza sessuale e 10 per atti persecutori. Denunciato in stato di libertà 107 persone, di cui 70 per maltrattamenti in famiglia, 8 per violenza sessuale, e 29 per atti persecutori; Sono state inoltre eseguite ulteriori 32 misure cautelari dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla parte offesa. L’invito che quindi l’Arma rivolge a tutte le donne che stanno vivendo una situazione di disagio, fatta di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica è di non esitare a chiedere aiuto alle Istituzioni, a rivolgersi ai Carabinieri contattando il numero di emergenza 112 o ai Centri Antiviolenza contattando il numero 1522 dove ricevere consulenze telefoniche 24 ore su 24. Tali centri inoltre offrono supporto psicologico, legale ed economico alle vittime.

Casi specifici

Per quanto riguarda i femminicidi registrati nella provincia di Padova nell’anno 2023, ricordiamo l’ultimo, commesso nel mese di settembre a Tombolo (PD), vittima Liliana COJITA, una donna 55enne rumena, uccisa per soffocamento. Per il fatto è stato arrestato il compagno, un 48enne marocchino. In relazione ai casi di atti persecutori, è balzato agli onori della cronaca il grave fatto commesso a Sant’Elena (PD) lo scorso mese di febbraio e che ha visto protagonista un 58enne del luogo, presunto autore dello sfregio permanente del viso della sua ex compagna, colpita con dell’acido muriatico dopo un appostamento sotto casa. Un'altra terribile vicenda è quella dello scorso mese di luglio avvenuta a Padova, in zona Sacra Famiglia, quando una donna aveva chiesto aiuto al 112 poiché l’ex marito, un 55enne albanese, già allontanato dalla stessa con provvedimento giudiziario, la stava attendendo sotto casa. In quel caso il rapido intervento della pattuglia aveva consentito di individuare l’uomo che, salito a bordo del proprio veicolo, aveva investito uno dei militari ferendolo gravemente, venendo infine attinto mortalmente da colpi d’arma da fuoco dall’altro militare di pattuglia che così riusciva a salvare la vita al collega verso il quale l’esagitato si era precipitato scendendo come una furia dall’auto mentre impugnava un coltello.

Il ciclo della violenza

I casi per i quali l’Arma ha proceduto hanno evidenziato come la vittima fosse in balia di quella che nel 1983 Leone Walker aveva definito come il “ciclo della violenza” Tale ciclo si articola in tre fasi: - la costruzione della tensione. La prima fase è caratterizzata dall’utilizzo da parte del maltrattante di varie tecniche di controllo (isolamento della partner dalla rete amicale e famigliare o il divieto di uscire da sola) e dalla messa in atto di una serie di comportamenti denigratori (sminuire, mortificare ed insultare la donna). In questa fase iniziano le minacce di usare la violenza fisica che poi - una volta scatenata- avrà soprattutto lo scopo di mantenere il controllo sulla partner. La donna in questa fase cerca di compiacere e di calmare il partner, convinta che se si comporta nel modo giusto può controllarne l’ostilità. - l’esplosione della violenza (o escalation). In questa fase si verifica l’episodio violento. Generalmente la violenza è graduale si può passare dagli spintoni, alle braccia torte, agli schiaffi, ai calci, al lancio di oggetti contundenti, in tale fase l’uomo può anche agire violenza sessuale per affermare il proprio potere. L’esplosione di violenza genera nella partner in un primo momento paura e confusione. Le vittime possono reagire in vari modi: fuggendo, contrattaccando o sopportando gli abusi. La donna può sentirsi totalmente inerme poiché ogni sforzo agito nella fase precedente per fermare tali comportamenti si è dimostrato inutile. Subentra così un grande senso d’impotenza e una costante paura di perdere la vita. -la fase della “falsa riappacificazione”. In questo periodo, passata la fase acuta del maltrattamento, la persona violenta si scusa, promette di cambiare il proprio comportamento - anche attraverso uno specifico percorso terapeutico - affinché la donna non si separi da lui. Tale atteggiamento è il prodotto della necessità di ristabilire la relazione di dominio. Nei primi episodi di violenza, la fase della falsa riappacificazione dura generalmente più a lungo, a mano a mano che gli episodi tendono a ripetersi la durata di tale periodo si abbrevia.  Tale fase si compone di due momenti differenti: nel primo vi è il pentimento dell’uomo, durante il quale lo stesso chiede perdono e si mostra vulnerabile, compra regali e fa dichiarazioni eclatanti; nel secondo avviene uno scarico violento delle responsabilità ove la colpa per ciò che è accaduto viene attribuita dallo stesso a cause esterne, ad esempio al lavoro stressante, ad una situazione economica difficile, al consumo di alcol e soprattutto alla donna che l’ha provocato. Tale periodo, che può durare mesi come anni, impedisce alla donna di comprendere subito il meccanismo nel quale è coinvolta, costituisce il rinforzo positivo che la spinge a restare all’interno della relazione violenta e legata alla speranza di una redenzione del partner. Se nessuna delle parti coinvolte cerca aiuto, si ricostruisce lentamente la fase di crescita della tensione. Un evento qualsiasi conduce allora ad un’ulteriore escalation e il ciclo della violenza torna a ripetersi.

Modello di prevenzione

Il modello di prevenzione e contrasto dell’Arma dei Carabinieri segue un approccio tridimensionale che mette a sistema e declina le 4 P della Convenzione di Istanbul: Prevenire i reati, Perseguire gli autori dei reati garantendoli alla giustizia; Proteggere le vittime adottando adeguate misure per la loro sicurezza e tutela; adottare Politiche integrate facendo rete con gli altri attori sistemici del territorio che entrano a contatto a vario titolo con le vittime. L’Arma dei Carabinieri, pertanto, pone un’attenzione particolare nei confronti delle vittime particolarmente vulnerabili promuovendo, sin dal primo contatto, un approccio che tiene conto delle caratteristiche delle singole categorie di soggetti e del loro vissuto personale, orientando le azioni operative verso le loro specifiche esigenze. Le azioni operative poste in essere seguono il modello c.d. delle 4 A, che si può schematizzare nelle fasi dell’Attivazione del pronto intervento; dell’Accoglienza in ambienti protetti a loro dedicati e appositamente realizzati nelle nostre Caserme; dell’Ascolto attivo scevro da pregiudizi ed in modo empatico dei loro vissuti; dell’Aiuto concreto nel fare il primo passo per liberarsi dalla violenza, adottando adeguate misure di sicurezza e mettendo in contatto la vittima con le strutture presenti sul territorio che garantiscono accoglienza e ospitalità, nonché supporto psicologico e legale. In tutte queste fasi i Carabinieri che operano a contatto con la vittima sono anzitutto chiamati a leggere la violenza in tutte le sue forme, nonché rilevare, riconoscere, raccogliere e riferire all’A.G. gli eventuali fattori di rischio (le c.d. 4R) che consentono di essere efficaci, efficienti e tempestivi nelle azioni operative. Per attuare efficacemente questa strategia, l’Arma dei Carabinieri fin dal 2009, sulla base di un Protocollo d’intesa sottoscrirtto con i Ministri pro tempore della Difesa e per le Pari Opportunità, ha infatti istituito la Sezione Atti Persecutori - collocata nell’ambito del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche - per svolgere attività di studio e analisi del fenomeno, elaborare valutazioni sui “fattori di rischio”, fornire ai reparti operanti un qualificato intervento di supporto, nonché sviluppare mirati programmi di formazione del personale con corsi basici e specialistici sul tema della violenza di genere. A partire dal 2014, l’Arma si è dotata della Rete nazionale di monitoraggio sul fenomeno della violenza di genere, strutturata su ufficiali di polizia giudiziaria - Marescialli e Brigadieri - inseriti nell’ambito delle articolazioni investigative dei Comandi Provinciali/Gruppi e dei Reparti Territoriali/Compagnie con il compito di sostenere i reparti sul territorio nello sviluppo delle indagini, raccordandosi con la Sezione Atti Persecutori per un compiuto apprezzamento dei casi. Il personale appartenente alla Rete è appositamente addestrato presso l’Istituto Superiore di Tecniche Investigative, centro di alta qualificazione dell’Arma, ove vengono svolti annualmente corsi di formazione specifici in materia di violenza di genere. La Sezione Atti Persecutori contribuisce alla formazione del personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e degli operatori del numero di pubblica utilità “1522”, nonché svolge attività di sensibilizzazione in favore delle scuole, attraverso un ciclo di 40 giornate di educazione. Tra le numerose iniziative, si sottolinea l’importanza del progetto avviato con Soroptimist International d’Italia, denominato Una stanza tutta per sé, consistente nell’allestimento, all’interno di caserme dell’Arma, di locali idonei all’ascolto protetto di donne vittime di violenza. con la realizzazione della “Sala Lanzarote”: stanza attrezzata per la confortevole accoglienza della vittima e dotata di una sala-regia per le audizioni. La collaborazione con Soroptimist ha consentito di allestire ad oggi circa 165 stanze su tutto il territorio nazionale, fra cui una presente nel Comando Provinciale di Padova, nonché di fornire 40 kit per la videoregistrazione ad altrettanti Comandi, da utilizzare nelle fasi di ricezione delle querele o nelle attività di escussione. Si è conclusa inoltre la sperimentazione, iniziata a Napoli nel 2019, del sistema Mobile Angel, sviluppato in collaborazione con la società “Intellitronika” e con il sostegno dell’associazione “Woman Care Trust”, impegnata in attività a tutela delle vittime di stalking, e della Fondazione “Vodafone Italia”, che persegue finalità di assistenza alle categorie sociali vulnerabili. Tale strumento prevede la consegna alle vittime di violenza di genere di un dispositivo di allarme da polso del tipo “smartwatch”, connesso alla rete telefonica tramite l’apparato cellulare dell’utente, su cui è installata un’applicazione dedicata, che consente il collegamento alla Centrale Operativa dell’Arma cui inviare in tempo reale la posizione, registrazioni audio e video nonché richieste di intervento. L’aiuto dell’Arma arriva anche dal web, attraverso un’area dedicata al “codice rosso”, accessibile dal sito istituzionale www.carabinieri.it, ove si possono trovare informazioni utili sul fenomeno e sulle forme di tutela a sostegno delle vittime, oltre al Violenzametro”, un test di autovalutazione elaborato dal Reparto Analisi Criminologiche del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche per misurare, in maniera semplice e rapida, il livello di violenza subita in un rapporto di coppia.
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