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Autonomia Differenziata

Zaia accusato di malafede sulla sentenza della Corte: Camani (Pd) denuncia un tentativo di mistificazione

La capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale Vanessa Camani attacca il presidente della Regione Veneto: “Le sue dichiarazioni sul referendum autonomia sono disoneste e politicamente pericolose”

Vanessa Camani

Vanessa Camani

La politica regionale veneta è scossa da una dura polemica a seguito delle dichiarazioni rilasciate dal presidente Luca Zaia, che ha commentato la recente sentenza della Corte Costituzionale riguardo alla richiesta di referendum sull'autonomia del Veneto. Vanessa Camani, capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale, ha accusato Zaia di "grave e pericolosa malafede" per le sue affermazioni, definendole "disoneste sotto il profilo intellettuale e politicamente pericolose".

Secondo Camani, la Corte avrebbe stabilito chiaramente che il quesito referendario sull’autonomia è "inammissibile" poiché "l’oggetto del quesito non esiste più". Inoltre, la sentenza 192, che riguarda la legge Calderoli, avrebbe già abrogato di fatto questa normativa. La capogruppo Pd sottolinea che la Consulta ha dichiarato l'impossibilità di trasferire non solo le funzioni relative alle politiche per i diritti civili e sociali, ma anche quelle residue che, in base alla disciplina comunitaria, sono difficilmente trasferibili. Per Camani, le parole di Zaia rappresentano un tentativo di "mistificazione" e un "disperato tentativo di ingannare i veneti e gli italiani".

Secondo la capogruppo, la Corte avrebbe ribadito che solo un’eventuale modifica della legge Calderoli da parte del legislatore nazionale potrebbe consentire il trasferimento delle residue funzioni. "L’unica cosa che resta della legge Calderoli – conclude Camani – è sostanzialmente quanto previsto dalla Costituzione al 116 terzo comma", un concetto che la Regione Veneto stessa aveva sottolineato nell'atto di intervento presentato per chiedere l’inammissibilità del quesito.

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