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Omicidio Anica Panfile: l’avvocato Crea smonta l’accusa e chiede l’assoluzione per Battaggia

La difesa punta sulle lacune investigative e su nuove piste

Anica Panfile

Anica Panfile

Cinque ore dense di argomentazioni e dubbi seminati nel cuore dell’impianto accusatorio. Nell’aula di tribunale, l’avvocato Fabio Crea ha chiesto l’assoluzione per Franco Battaggia, 80 anni, imprenditore trevigiano noto come il “re del pesce”, accusato dell’omicidio di Anica Panfile, 31enne trovata morta nel greto del Piave a Spresiano il 21 maggio 2023.

Secondo la Procura, Battaggia avrebbe ucciso la donna nella sua abitazione ad Arcade, al culmine di un rapporto intimo durante il quale entrambi avrebbero fatto uso di cocaina. Ma per Crea, i conti non tornano: «Anica era ancora viva quando il mio assistito era già al casello autostradale di Treviso Nord», ha affermato, definendo quel dettaglio «la prova regina dell’innocenza».

Un delitto senza movente?

Secondo l’accusa, Panfile sarebbe morta tra le 16:10 e le 16:52 del 18 maggio, orario in cui il suo telefono avrebbe cessato di rispondere ai messaggi del compagno. Battaggia, dopo il presunto omicidio, avrebbe trasportato il corpo in un tappeto, aiutato inconsapevolmente dal fratello, per poi abbandonarlo durante la notte in un canale.

Ma la difesa ha messo in dubbio la ricostruzione temporale. I dati forniti dalla compagnia telefonica – ha sottolineato Crea – dimostrano che il cellulare di Anica era ancora acceso fino alle 17:11, ricevendo dati e spostandosi di cella. Alle 17:02, Battaggia risulta invece già in viaggio verso Mogliano, come documentato da una videocamera al casello di Treviso Nord.

Tante ombre, poche certezze

Il legale ha elencato le numerose falle nelle indagini: la mancata acquisizione completa dei video di sorveglianza, la strana assenza di rumori in una casa confinante con altri appartamenti, le reazioni anomale all’uso di cocaina attribuite a entrambi. E soprattutto, la mancanza di un movente chiaro, che in un processo basato su indizi dovrebbe essere un pilastro, secondo la stessa giurisprudenza della Cassazione.

Crea ha anche rilanciato una pista alternativa, già emersa nelle fasi iniziali delle indagini ma mai realmente approfondita: quella di una vendetta orchestrata da un gruppo di albanesi, temuti dalla stessa vittima. Un’intercettazione ambientale, riportata in aula, mostra familiari di Anica sospettare di questi soggetti: «Non doveva giocare con loro, lo ha fatto per soldi» si sente dire.

Casi mediatici a confronto

Per rafforzare le sue argomentazioni, Crea ha citato il caso Amanda Knox, ricordando come l’assenza di un movente fu decisiva per l’annullamento della condanna. Ha paragonato anche il comportamento collaborativo di Battaggia con quello dell’imputato nel caso Garlasco, indicando come il suo assistito abbia fornito subito versioni coerenti ai carabinieri, prima ancora del ritrovamento del cadavere.

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