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Emergenza Idrogeologica. Vicenza 3/4

L’esperto: l’acqua ha bisogno di uno spazio che non c’è più

La soluzione? Bacini di laminazione a doppia funzione

Nubifragio-milano

Marco Rabito, meteorologo Ampro: «La frequenza dei fenomeni ad alta intensità ci dice che qualcosa sta cambiando

Che si sia negazionisti o invece convinti che vi sia un cambiamento climatico in atto, poco importa. A dare le prime risposte sta pensando la natura che in quest’ultimo decennio ha intensificato non solo la potenza, ma anche la frequenza dei fenomeni meteorologici.

A dare conferma di un clima che ha cambiato il suo aspetto è Marco Rabito, meteorologo Ampro, l’associazione che riunisce i professionisti di questo settore.

«Purtroppo, si stanno sommando una serie di fattori che stanno dando origine alla tempesta perfetta, volendo stare in tema con l’argomento. Da un lato, anche nel vicentino, così come in tutto il resto del Paese, stiamo pagando le conseguenze di scelte di urbanizzazione, civile e industriale, che oggi presentano un conto molto salato. Dall’altro ci troviamo effettivamente di fronte a fenomeni meteo di grave intensità che si succedono con frequenze imprevedibili. Nulla di nuovo dal punto di vista della portata degli accadimenti, già accaduti più volte nel corso dei secoli, solo che allora avvenivano ogni 20 anni, oggi più volte l’anno».

-Molti sindaci si lamentano del fatto che non ci sono le risorse per fare la manutenzione dei letti dei fiumi e dei torrenti.

«Hanno ragione. Ma va detto che quando cadono nell’arco di una o due ore gli stessi millimetri di pioggia che solitamente avvengono in un mese, puoi fare tutta la manutenzione che vuoi. Il risultato si misura in minori o maggiori danni, non in nessun danno. Quanto accaduto nell’Alto Vicentino ne è la dimostrazione: il disastro è avvenuto perché alla pioggia, già in parte caduta nei giorni precedenti, si sono aggiunti temporali autorigeneranti, cioè stazionari, inusuali, che hanno scaricato dai 50 ai 100 mm d’acqua. Quelle piene improvvise di fiumi e torrenti sono parzialmente gestibili in pianura, dove l’acqua si scarica dopo alcune ore e grazie ai bacini di laminazione viene in parte assorbita, non nelle zone montuose o collinari che si allagano quasi in contemporanea con il temporale».

-Soluzioni?

«Una l’avevano progettata negli anni’70 nella zona di Velo d’Astico per contenere le piene. Un bacino a doppia funzione: utile in caso di esondazioni per assorbire l’eccesso d’acqua e altrettanto importante nei momenti di siccità. In parte di quel territorio ora esiste una zona industriale. Quella intuizione potrebbe essere il modello per l’oggi e il futuro».  

-Lo scenario che ci aspetta è passare dalla siccità, dai torrenti in secca alle alluvioni?

«Oggi la falda acquifera è sovrabbondante, ma non mi stupire se accadesse il contrario tra due anni. Tutti assieme, industrie, agricoltura, noi cittadini, consumiamo 250 litri d’acqua pro capite al giorno. In Europa esattamente la metà. L’acqua è un bene prezioso di cui non si ha piena coscienza».

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