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Emergenza Idrogeologica. Venezia 3/3
23.05.2025 - 18:20
Libardo al centro con il presidente dell'autorità per la laguna Rossetto
Come funziona esattamente il sistema che decide quando sollevare le barriere del Mose?
«Abbiamo un sistema molto articolato. Tutto parte da una rete di monitoraggio che rileva in tempo reale variabili come livelli della marea, portate fluviali, vento, precipitazioni. Questi dati vengono raccolti in un database e integrati con le previsioni meteorologiche fornite dai centri nazionali e internazionali. Da qui generiamo previsioni di livello per mare e laguna.»
E quindi il sistema decide quando chiudere?
«No, non in automatico. C’è un sistema di supporto alle decisioni che elabora questi dati e suggerisce quando e a quale quota chiudere le paratoie. Le previsioni si aggiornano ogni cinque minuti, e con esse anche le indicazioni operative. Ma la decisione finale spetta alla componente umana. Siamo organizzati con una sala di controllo che conta cinque figure operative: un responsabile, un comunicatore verso l’esterno, uno per l’acquisizione e il controllo dati, uno per i modelli previsionali e uno per i modelli decisionali.»
Quindi siete voi a confermare o meno le indicazioni automatiche?
«Esatto. Il responsabile valuta i risultati dei modelli automatici, ma anche sulla base dell’esperienza personale. Le previsioni meteo non sono perfette, soprattutto nell’Alto Adriatico. Per questo eseguiamo simulazioni “fuori linea”, immaginando scenari alternativi. Se necessario, possiamo anticipare o posticipare la chiusura. Ad esempio, se c’è una nave passeggeri in arrivo, o se il mare è agitato e ci sono ritardi.»
È mai successo di dover modificare il piano in corsa?
«Sì, nell’agosto del 2023 avevamo una paratoia in manutenzione durante due episodi di acqua alta. Sapendolo in anticipo, abbiamo eseguito simulazioni e deciso di anticipare la chiusura di 15 minuti per compensare. Questo dimostra quanto sia importante l’intervento umano, che considera variabili impreviste come guasti, manutenzioni o traffico marittimo. Il sistema automatico è fondamentale perché dà una base tecnica solida, ma serve la flessibilità del giudizio umano.»
Il Mose è stato spesso oggetto di critiche. È davvero la soluzione giusta?
«Secondo me sì, e lo diceva anche un ingegnere che ha lavorato a lungo nel Consorzio: il Mose è una risposta possibile a una domanda impossibile. Negli anni ’70 e ’80 furono imposti vincoli rigidi: non doveva essere visibile, doveva essere reversibile, non doveva alterare la profondità dei canali. Soluzioni come quelle di Rotterdam, molto visibili e invasive, sarebbero state inaccettabili per le aree ambientali protette che abbiamo qui, come San Nicolò o Caroman.»
E oggi il sistema regge?
«Il Mose è tarato per un certo numero di chiusure annuali e deve funzionare insieme alle difese locali. Negli anni, la soglia di allarme è stata alzata da 100 a 110 centimetri proprio per limitare le attivazioni. In parallelo, si sono rafforzate le difese urbane: Baby Mose a Chioggia, nuove pompe e paratoie in alcune zone di Venezia e il rialzo delle rive come nel Rio di Cannaregio.»
Con il cambiamento climatico e l’innalzamento del mare, cosa ci aspetta?
«È chiaro che nel tempo dovremo ricalibrare tutto. Il Mose oggi è una soluzione efficace, ma richiede manutenzione, aggiornamenti e un coordinamento continuo con le difese locali. Solo così potremo continuare a proteggere Venezia nel futuro.»
Riccardo Musacco
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