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Emergenza idrogeologica. Miranese Nord 3/4

Cementificazione selvaggia si va verso il disastro, bisogna cambiare rotta

L’ allarme nel Miranese per il continuo consumo del suolo

“Cementificazione selvaggia si va verso il disastro, bisogna cambiare rotta”

Opzione zero:“I Piani delle Acque comunali rimangono in buona parte solo sulla carta”.

Dagli ultimi dati Ispra oltre mezzo milione di persone (568.131) sono a rischio alluvioni in Veneto. Questo è il principale rischio idrogeologico soprattutto per il padovano e il veneziano. A legare questo rischio sempre più elevato, al cambiamento climatico anche nel Miranese, è l’associazione Opzione Zero.

“Dai dati - spiega il referente Mattia Donadel - emerge che dagli anni Ottanta dello scorso secolo il continente europeo si è riscaldato a una velocità doppia rispetto alla media mondiale, diventando il continente a riscaldamento più rapido della Terra. L’Istituto nazionale Ispra segnala che il Veneto rimane la seconda regione più cementificata d’Italia con l’11,88% della superficie regionale consumata (891 gli ettari persi nel 2023). Del resto che continuino a spuntare palazzine o supermercati al posto di casette, o centri commerciali e poli logistici là dove prima c’erano campi, è sotto gli occhi di tutti anche nel Miranese”.

Il Comitato fa denunce precise. “Nel Miranese continuano ad incombere progetti - dice Donadel - di cemento e asfalto. I fatti dimostrano che in un territorio così compromesso, a fronte di precipitazioni sempre più abbondanti e intense, la vulnerabilità idraulica è una delle conseguenze più gravi e immediate. Si pensi anche alla cementificazione provocata dal Passante (che attraversa anche i comuni di Scorzè e Martellago) con contropartite in termini ambientali del tutto insufficienti. Le vasche di contenimento intorno alle nuove lottizzazioni sono solo una foglia di fico. Le reti per la raccolta delle acque nere e delle acque bianche sono sottodimensionate o assenti. I Piani delle Acque comunali rimangono in buona parte solo sulla carta. Non va meglio per i corsi d’acqua principali, dove gli interventi di messa in sicurezza degli argini sono insufficienti e discutibili. Spesso è stata rasa al suolo la vegetazione spondale per chilometri. Mentre invece opere importanti per la messa in sicurezza idraulica e per la gestione delle acque anche in tempi di siccità, continuano a rimanere lettera morta. Si sta facendo tutto il contrario di quello che si dovrebbe fare“.

Quali le soluzioni? “Gli amministratori degli enti locali potrebbero - conclude - cominciare a fare la loro parte: puntare sull’obiettivo consumo di suolo zero, privilegiando la riqualificazione del patrimonio abitativo esistente, destinare e reclamare più fondi per l’adeguamento delle reti fognarie e scolanti, investire sullo sviluppo e sulla gestione del “verde urbano”, sulla riforestazione massiccia del territorio e su una agricoltura a basso impatto; diventare promotori dello sviluppo delle fonti rinnovabili e delle comunità energetiche locali”.

Alessandro Abbadir

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