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05.11.2025 - 14:17
Lendinara
A Campomarzo, frazione di Lendinara, una nuova grande struttura riapre il dibattito ambientale: associazioni e comitati civici denunciano rischi per ecosistema, viabilità, corsi d’acqua e qualità del digestato, chiedendo alla Regione una pianificazione provinciale e il pieno coinvolgimento dei cittadini. Italia Nostra esprime contrarietà all’insediamento del nuovo impianto.
Il Polesine si conferma una delle aree del Veneto interessate dagli impianti per la produzione di biogas e biometano. Tra strutture già operative, in fase di autorizzazione o di imminente realizzazione, il territorio conta oltre 60 impianti. Una densità crescente che solleva criticità ambientali, viarie e paesaggistiche, in un contesto fragile, caratterizzato da corsi d’acqua, canali, strade strette e vincoli storico-paesaggistici.
In questo scenario si inserisce il nuovo progetto a Campomarzo, frazione di Lendinara, dove una ditta privata ha presentato la richiesta di autorizzazione per la costruzione di un grande impianto di produzione di biometano da sottoprodotti agricoli e agroindustriali. L’iniziativa ha subito acceso l’attenzione delle associazioni ambientaliste e dei comitati civici Polesani, che hanno chiesto di essere informati dettagliatamente prima di eventuali decisioni.
Il tavolo ambientale comunale è stato convocato per fornire informazioni preliminari e raccogliere osservazioni, coinvolgendo le associazioni del territorio e i comitati cittadini. Dal confronto è emerso che l’impianto, di grandi dimensioni, sarà gestito da una società non agricola, con la possibilità nel tempo di cambiare le matrici alimentari per la digestione anaerobica, includendo rifiuti o prodotti industriali proveniente da altre province o regioni, con conseguente trasporto su gomma per centinaia di chilometri.
A preoccupare le associazioni è anche la gestione del digestato, il residuo del processo di biodigestione, che verrebbe distribuito nei campi circostanti con qualità discutibile, anziché essere restituito ai territori di origine dei rifiuti. A ciò si aggiungono le vulnerabilità ambientali locali: corsi d’acqua, canali, strade strette, oltre al vincolo dalla Sovrintendenza, che rendono la zona particolarmente sensibile a impatti industriali di questo tipo.
Italia Nostra – sezione di Rovigo esprime in merito una posizione chiara e netta: “Basta impianti nel Polesine: siamo oltre quota 60 e il territorio non può sostenere ulteriori pressioni ambientali e viarie”. L’associazione ha chiesto la redazione di un documento congiunto tra i Comuni del territorio, da inviare alla Regione Veneto, con la richiesta di una pianificazione provinciale degli impianti che tenga conto della fragilità del territorio e degli effetti che non conoscono confini geografici. (g.f.)
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