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DENTRO LA NOTIZIA
07.11.2025 - 10:43
La transizione ecologica è ormai una strada obbligata, ma non priva di ostacoli. In Veneto, il mondo agricolo si trova nel mezzo di un cambiamento profondo, tra l’urgenza di ridurre le emissioni e la necessità di difendere il reddito delle imprese. Il riscaldamento globale mostra già i suoi effetti, e anche l’agricoltura, responsabile di una quota delle emissioni di gas serra, è chiamata a fare la sua parte.
Tra le opportunità per coniugare sostenibilità e sviluppo ci sono i crediti di carbonio, strumenti che permettono di ottenere benefici economici adottando pratiche agricole in grado di assorbire o ridurre la CO₂. Ma il sistema resta fragile. La mancanza di regole condivise a livello nazionale e comunitario, insieme alla confusione tra schemi pubblici e privati, ne frena la credibilità. Dopo una fase di crescita, il mercato volontario dei crediti di carbonio ha subito un brusco rallentamento a causa delle criticità emerse nei meccanismi di certificazione. Gli operatori chiedono ora un quadro normativo trasparente, in grado di restituire fiducia e concretezza.
Sul fronte economico, preoccupano anche le scelte dell’Unione Europea e i tagli previsti alla nuova Politica Agricola Comune. Una riduzione delle risorse che rischia di vanificare gli investimenti fatti in questi anni nel biogas e nel biometano, settori che in Veneto hanno conosciuto un vero boom. Dal 2019 gli impianti agricoli sono più che raddoppiati, segno della capacità delle aziende di innovare e di credere nelle energie rinnovabili.
Dietro i numeri, però, si nascondono difficoltà reali: burocrazia, ritardi nelle autorizzazioni e incertezza normativa. Gli agricoltori chiedono procedure più snelle e il riconoscimento del valore ambientale del digestato, elemento chiave dell’economia circolare. Buone notizie arrivano dal rifinanziamento della misura PNRR dedicata al biometano e dalla recente decisione dell’Agenzia delle Entrate che evita penalizzazioni fiscali per chi produce energia da fonti agroforestali.
Anche il fotovoltaico è al centro del dibattito. Bene le fonti rinnovabili, ma non a scapito dei terreni agricoli. Dopo il boom degli impianti a terra, il Veneto ha approvato nel 2022 una norma regionale per limitarne la proliferazione e tutelare il paesaggio agrario. La direzione è chiara: favorire l’installazione di pannelli sui tetti di stalle, magazzini e strutture rurali, incentivando l’autoconsumo e preservando il suolo produttivo.
Sul piano ambientale, l’agricoltura veneta vuole dimostrare di essere parte della soluzione, non del problema. È un settore che ha già adottato pratiche virtuose e che può contribuire in modo decisivo alla qualità dell’aria e alla riduzione delle emissioni, purché riceva strumenti adeguati, certezze normative e un sostegno coerente.
Il futuro dell’agricoltura veneta si gioca su un equilibrio delicato: produrre cibo di qualità, energia pulita e sostenibilità senza compromettere la competitività delle aziende. Perché la transizione ecologica, avvertono gli agricoltori, non può essere solo uno slogan: servono coerenza politica, regole chiare e scelte coraggiose. Solo così la sostenibilità potrà diventare un’opportunità e non un peso per chi lavora la terra.
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