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Giulia Cecchettin
14.04.2025 - 13:37
Stefano Tigani, avvocato famiglia Cecchettin
Una vicenda giudiziaria rapida nei tempi ma destinata a lasciare un segno profondo nella coscienza collettiva. È quella dell’omicidio di Giulia Cecchettin, giovane studentessa brutalmente uccisa l’11 novembre 2023 da Filippo Turetta, condannato in primo grado all’ergastolo. Il processo, svoltosi in sole quattro udienze tra ottobre e dicembre, ha suscitato un acceso dibattito nazionale, soprattutto dopo la mancata applicazione dell’aggravante della crudeltà e del reato di stalking.
A tornare sulla vicenda è stato l’avvocato Stefano Tigani, difensore della famiglia Cecchettin, intervistato nel programma Buongiorno Veneto di Radio Veneto24. «Giulia – ha ricordato il conduttore – è diventata simbolo della lotta contro la violenza di genere, una battaglia che il padre Gino Cecchettin porta avanti con determinazione dopo aver perso, in meno di un anno, sia la moglie per malattia che la figlia in modo così tragico».
Durante il suo intervento, Tigani ha voluto sottolineare l’importanza di distinguere tra l’emotività collettiva e la freddezza richiesta in aula. «Il processo ha confermato l’ergastolo in modo netto, riconoscendo la gravità e l’efferatezza del crimine – ha detto –. Tuttavia, non condividiamo la scelta tecnica della Corte di non riconoscere l’aggravante della crudeltà. La nostra posizione su questo punto è chiara fin dal 5 dicembre, quando abbiamo discusso a sostegno della Procura».
L’avvocato ha inoltre invitato a non trasformare il dibattito giudiziario in un processo mediatico: «Demonizzare il lavoro dei magistrati è un errore. Le sentenze vanno lette per intero e analizzate nella loro complessità. Ma è comprensibile che, quando si leggono certi titoli – come le 75 coltellate derubricate a imperizia – l’opinione pubblica si senta disorientata».
Tigani non ha nascosto le difficoltà affrontate in questi mesi anche sul piano personale: «È stato un processo seguito da decine di giornalisti, un vero assedio. Ma la pressione mediatica non deve compromettere la lucidità del dibattito giuridico. La giustizia richiede rigore, non clamore».
Oltre al processo, c’è però un’altra dimensione che rende il caso Cecchettin così emblematico: quella dell’impegno sociale e istituzionale. Gino Cecchettin, padre di Giulia, ha saputo trasformare il dolore in una battaglia per i diritti delle donne, contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica e ad alimentare un dialogo che ha già portato a proposte legislative e iniziative di prevenzione.
Il cimitero di Saonara, dove riposano Giulia e la madre, è diventato un luogo di memoria e riflessione, non solo meta di curiosi, ma anche di tanti cittadini che si riconoscono in una causa comune: quella di una società più attenta, più consapevole, e soprattutto più pronta ad ascoltare le vittime prima che sia troppo tardi.
"Siamo solo all’inizio del percorso giudiziario", ha ricordato Tigani, facendo riferimento ai successivi gradi di giudizio. Ma intanto, attorno al nome di Giulia, cresce un movimento culturale e civile che non intende più tacere.
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