Un cammino che parte dalle giovanili a Pistoia, dove vince uno scudetto giovanile. Dopodiché c'è il trasferimento nella Stella Azzurra Roma. A soli 16 anni, con il ritorno in Toscana, arriva l’esordio tra i grandi: si aprono le porte della Serie A.
Nel 2017 si presenta la grande occasione: l'NCAA negli Stati Uniti. "Era un’esperienza che mi intrigava già da prima", ammette Davide. "Guardavo sempre l’NBA. L'esperienza è stata grandiosa; lì ci sono tante persone che ti seguono, che guardano il college, oltre alle strutture che sono all'avanguardia". La possibilità di andare al Texas Tech è nata dai buoni risultati con la nazionale giovanile, che gli hanno aperto le porte di molte società. Eppure, non è stato tutto facile. La difficoltà con la lingua, la solitudine e la distanza da casa sono ostacoli che Moretti ha dovuto affrontare. "Non nascondo il fatto che ho pensato di tornare a casa nel primo periodo. Poi mi sono rimboccato le maniche, mi sono chiuso in palestra e sono riuscito a farcela".
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Nel 2020 si concretizza la possibilità del ritorno in Italia: alla sua porta bussa l’Olimpia Milano. "È complicato dire di no ad una società del genere. Ho accettato e deciso di fare uno step in avanti".
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Oggi, la nuova casa del bolognese è la Reyer Venezia: "Siamo un gruppo che ha talento, ma abbiamo avuto tanti problemi durante l’anno", racconta. "Nonostante ciò non ci siamo mai disuniti e la forza mentale ci ha aiutato a vincere alcune partite non scontate". Le difficoltà legate agli infortuni non sono passate inosservate, ma "c’è del potenziale e possiamo fare bene nella fase finale".
Il rapporto con coach Spahija è un altro punto di forza: "Mi conosce da tanto tempo, mi ha voluto in squadra. La sua carriera, poi, parla per lui".
E poi c'è la Nazionale, un sogno per Moretti: "Sono contentissimo di essere rientrato. Spero ora di rimanerci in pianta stabile".

Ma cosa manca all’Italia per arrivare ai vertici internazionali? "Niente", risponde deciso. "Ci sono giocatori che giocano nei top team europei e in NBA. Non siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati". Agli Europei ce la siamo giocata con un colosso come la Francia, mentre ai Mondiali ci hanno fermato gli Stati Uniti. Non penso manchi molto".
Parlando dei suoi idoli, Davide non ha dubbi: "Guardo da sempre le gesta di Manu Ginobili, ex grande cestista argentino; mi faceva impazzire. Ammiravo la sua attitudine in campo, la capacità di far sempre la scelta giusta. Ho sempre cercato di imitarlo".
Moretti, infatti, si definisce un "play moderno": "Posso sia fare punti che gestire la squadra. Cerco di fare la giocata giusta al momento giusto, quello che serve alla squadra per vincere". Per quanto riguarda i numeri di maglia, Davide è particolarmente legato all'11, il numero che aveva suo padre in Nazionale, al 25, il numero che ha usato negli Stati Uniti, e al 9 e al 7 che appartenevano sempre a suo padre.
Il play di Venezia, riflette poi, sui sacrifici fatti per raggiungere gli altissimi livelli del basket: "Ho fatto una scelta di vita. Non è stato facile far combaciare tutto", ammette. "Sei sempre in giro, in un posto nuovo ogni anno. È difficile mantenere le amicizie e gli amori, ma questo sport è sempre stato la mia priorità". Moretti, infatti, vive il gioco con un'ambizione fuori dal comune: "Voglio vincere uno scudetto in più di mio padre, diventare un giocatore di livello più alto, giocare stabilmente in Europa e magari, un giorno, approdare in NBA. E, naturalmente, vincere una medaglia con la Nazionale".

Pensando al dopo carriera, Davide non esclude di rimanere nel mondo del basket, la sua grande passione. "Escludo di voler fare l'allenatore, ma mi piacerebbe fare il GM o il direttore sportivo". Davide Moretti e la Mamba Mentality: idee chiare e voglia di fare per un futuro ancora tutto da scrivere.
Stefano Parpajola