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Cronaca aggiornamento
16.06.2025 - 17:20
La violenta colata detritica che si è abbattuta la scorsa notte su Cancia, frazione di Borca di Cadore, torna a riaccendere i riflettori sul tema della fragilità del territorio montano. A intervenire è Giorgio Giachetti, presidente dell’Ordine dei Geologi del Veneto, che offre una lettura tecnica e realistica dell’accaduto: “Siamo di fronte a una frana rapida, caratterizzata da una quantità ingente di detriti e massi trascinati a valle, con una magnitudo significativa. Le indagini chiariranno i dettagli, ma la portata è evidente”.
Secondo Giachetti, l’evento è il risultato di una lunga sequenza di fattori predisponenti: “Da anni il versante era in fase di accumulo di materiale, anche a causa di eventi meteorologici intensi come la tempesta Vaia del 2018. A ciò si aggiunge il progressivo disfacimento delle rocce in quota. Già allora non si registrarono colate, ma il deposito continuava a crescere”.
Il territorio, però, non è stato lasciato a sé stesso. “La Regione Veneto e la Provincia di Belluno – spiega Giachetti – hanno investito risorse per realizzare opere di contenimento, come briglie ‘sabodam’, canali di deflusso, argini, bacini di raccolta e sistemi di monitoraggio. Ma è necessario chiarire che questi interventi, per quanto importanti, non possono eliminare il pericolo: possono solo attenuarne gli effetti”.
Giachetti affronta anche una questione scomoda, ma inevitabile: “Mitigare un rischio al 75% ha un certo costo; portarlo al 90% può significare spendere il doppio o il triplo. E anche così, il rischio non scompare del tutto. A volte bisogna domandarsi se ha senso continuare a difendere aree ad alta pericolosità o valutare altre soluzioni, come la delocalizzazione. È una riflessione dura, ma necessaria”.
Il geologo evidenzia infine che anche i sistemi di allerta meteo hanno limiti intrinseci: “Troppi allarmi generano sfiducia, troppi pochi ne fanno perdere alcuni. Serve equilibrio. Ma non si può pretendere che la previsione meteo risolva da sola eventi così complessi”.
A conclusione del suo intervento, Giachetti ribadisce l’importanza della conoscenza del territorio: “I modelli matematici sono fondamentali, ma devono basarsi su una conoscenza accurata della geomorfologia. Senza una lettura costante del paesaggio, restano strumenti incompleti. Solo così possiamo davvero capire e affrontare i rischi naturali che caratterizzano le nostre montagne”.
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