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5 detti veneti che rappresentano la Regione

Saggezza e umorismo racchiuse in poche parole

5 detti veneti che rappresentano la Regione

Foto di repertorio

Il dialetto veneto custodisce proverbi ricchi di saggezza e umorismo. Ecco cinque tra i più famosi, spiegati per coglierne l’essenza della cultura regionale:

1. Co le ciacole no se ‘mpasta frìtole

(“Con le chiacchiere non si impastano le frittelle”)
Un richiamo concreto: le chiacchiere da sole non bastano, serve l’azione.

2. Val depí un’ora de alegría che zhento de malinconía

(“Vale più un’ora di allegria che cento di malinconia”)
Meglio un momento di gioia intensa che mesi di tristezza — un invito a scegliere la leggerezza della vita.

3. Co el cavejo tira al bianchin, lassa la dona e tiente el bon vin

(“Quando i capelli diventano bianchi, lascia la donna e datti al buon vino”)
Ironico: invecchiando, meglio accontentarsi del vino piuttosto che coltivare complicazioni sentimentali.

4. Robar a un poareto l’è come robar in ciesa

(“Rubare a un povero è come rubare in chiesa”)
Un forte richiamo morale: prendersi da chi poco ha è doppiamente inaccettabile.

5. Meio morir bevui che magnai

(“Meglio morire ubriachi che mangiati”)
Un proverbio on the nose: meglio vivere godendo, anche a costo di esagerare, piuttosto che pentirsene per aver vissuto poco.

Questi cinque proverbi racchiudono la filosofia veneta: concretezza nelle parole, gioia nella vita, ironia nell’invecchiare e senso della comunità. Uno spaccato autentico di saggezza popolare, tra sorriso e riflessione, che continua a risuonare nelle calle, nelle piazze e nelle osterie del Veneto.

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