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Il mostro di Mestre

Zaia sull’orrore di Mestre: “Mulas deve marcire in carcere”

Parole durissime sullo stupro dell’11enne: “Faccio appello al governo, servono leggi più dure”

Tragedia di Mestre, Zaia a un anno dall’incidente: “Rinnovo la mia gratitudine a soccorritori e sanitari”

Zaia e Mulas

Prima ancora di aprire la consueta conferenza stampa a Palazzo Balbi, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha scelto di rompere il protocollo e di prendere parola su un fatto che ha sconvolto l’intera comunità: lo stupro di una bambina di 11 anni a Mestre, per il quale è stato arrestato Massimiliano Mulas.

Un intervento diretto, senza giri di parole, carico di indignazione e rabbia. «Deve marcire in carcere», ha detto Zaia con fermezza, sottolineando che quanto accaduto è inaccettabile sotto ogni punto di vista. «Stiamo discutendo se c’è stata premeditazione, se è stata pedinata o inseguita… ma stiamo scherzando?», ha tuonato.

«Questo è il sentimento che abbiamo tutti noi. Marcire in carcere. Punto. E faccio appello al governo: non conosco le modalità, ma questa situazione va sistemata. Servono interventi veloci, chiari, concreti – ha aggiunto –. Quando accadono fatti del genere, che escono dall’ordinarietà del reato, le leggi vanno modificate. Questa persona deve restare in galera».

Zaia ha poi sottolineato l’atrocità del gesto: «Ha violentato una bambina di undici anni. È già gravissimo in sé uno stupro, ma su una minorenne di quell’età… pensavo ci fosse un errore di stampa quando ho letto l’agenzia. Sembrava un racconto da film. E invece è tutto vero. Non possiamo restare inermi davanti a uno schifo simile».

Il governatore ha infine toccato un punto delicato, quello del rischio di giustizia fai-da-te: «Poi ci si sorprende se i cittadini si fanno giustizia da soli… ma scusatemi: davanti a una roba del genere, quest’uomo è stato fortunato a non essere trovato dai cittadini. E ve lo dice un obiettore di coscienza».

Un messaggio che non lascia spazio a interpretazioni, quello di Zaia. Un grido di dolore e di rabbia istituzionale che risuona come monito a chi scrive e applica le leggi. La richiesta è chiara: pene certe, dure e immediate per chi si macchia di crimini contro i più fragili.

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