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Dazi USA, prime perdite per il Veneto: a rischio due miliardi l’anno

La CGIA: “Le imprese potrebbero ridurre i margini per restare competitive”

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Donald Trump

L’entrata in vigore dei dazi del 15% imposti dagli Stati Uniti sull'importazione di beni europei rischia di infliggere un duro colpo all’economia veneta, già provata da un calo del 3,8% dell’export verso gli USA nel 2024. Secondo le stime dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, l’impatto immediato sul Veneto si aggirerà intorno ai due miliardi di euro l’anno. E nel solo territorio del Polesine le perdite previste superano già i due milioni e 200mila euro.

Il provvedimento, concordato nei giorni scorsi tra il presidente Trump e Ursula von der Leyen in un vertice in Scozia, entrerà in vigore ufficialmente il 7 agosto. In attesa della lista definitiva dei prodotti esclusi, l’analisi evidenzia come a essere maggiormente penalizzati saranno i comparti legati al lusso e all’alta gamma, da sempre tra i punti di forza dell’export veneto verso gli USA.

I settori più a rischio sono proprio quelli che rappresentano l’eccellenza del Made in Italy, con un’incidenza significativa di beni ad alto valore aggiunto: secondo Banca d’Italia, il 92% dei prodotti veneti esportati negli Stati Uniti rientra nella fascia medio-alta o alta di qualità.

Secondo gli esperti, i danni potrebbero estendersi ben oltre le mancate esportazioni, comprendendo anche la compressione dei profitti per le aziende che decideranno di restare sul mercato americano, accollandosi il rincaro, e i costi sociali legati a un’eventuale riduzione dell’occupazione.

Nonostante ciò, i ricercatori segnalano che le aziende italiane con sbocco negli USA presentano una buona solidità: in media il mercato americano incide per il 5,5% sul fatturato e il margine operativo lordo si attesta attorno al 10%. Ciò significa che, se necessario, potrebbero scegliere di ridurre i prezzi per mantenere la competitività, assorbendo in parte l’effetto dei dazi.

Resta però aperta una questione cruciale: i consumatori americani continueranno a scegliere prodotti italiani anche con un prezzo maggiorato, o opteranno per alternative locali o asiatiche? È un interrogativo a cui, per ora, non è possibile dare una risposta certa.

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